(Chicco Testa attualmente presidente del Forum nucleare italiano, l'11 marzo, a poche ore dal sisma)
"Nucleare sicuro alla prova del nove -Se allo stato degli atti una prima cosa si può dire, è che proprio la terribile intensità del fenomeno abbattutosi sul Giappone ci consegna una nuova conferma del fatto che in materia di sicurezza di impianti nucleari, i passi in avanti compiuti negli ultimi decenni sono stati notevolissimi".
"La posizione del governo italiano sul nucleare rimane quella che è, non è che si può cambiare idea ogni minuto".
(Fabrizio Cicchitto 12 marzo)
"Le centrali nucleari sono sicure. Chi è contrario è fermo a una vecchia mentalità ideologica che si basa su presupposti sbagliati".
"Il problema della sicurezza nucleare va al di là dei confini nazionali. Ci sono centrali in Slovenia e in Francia e se lì ci fossero dei disastri colpirebbero anche noi. Da più parti inoltre ho letto che le centrali giapponesi non sono di ultimissima generazione. In Italia si parla di centrali nucleari di ultimissima generazione. Il mio auspicio è che non si decida sull'onda dell'emozione".
(Gianfranco Fini 13 marzo)"Io sono nuclearista e non ho cambiato idea dopo la tragedia del Giappone. Il sisma giapponese e' stato migliaia di volte superiore a quello de L'Aquila".
(Pier Ferdinando Casini - 13 marzo)"Queste centrali tutto sommato producono effetti molto piu' limitati rispetto al resto. Niente di per se' e' sicuro. Il progresso porta con se' margini di rischio. Se e' per questo sono crollate anche delle dighe, e allora che facciamo? Non costruiamo piu' dighe?".
(Pier Ferdinando Casini il 14 marzo)"«Repubblica» parla di incubo per una seconda Chernobyl, il «Fatto» ironizza sulla sicurezza degli impianti Ma i fatti li smentiscono: è morto un addetto, sono state evacuate migliaia di persone, ma non è un disastro".
(Franco Battaglia su Il Giornale il 14 marzo)
"La linea del governo non cambia e non c’è «nessuna sottovalutazione» dei rischi legati all’atomo"
(Stefania Prestigiacomo 15 marzo)*******************
Dal'homepage del Corriere della sera, 15 marzo mattina
L'incompetenza di tutti quelli che hanno sentito l'esigenza di minimizzare quanto sta avvenendo a Fukushima al solo fine di proteggere il progetto del ritorno italiano al nucleare traspare già soltanto con la rapidità con cui questi "scienziati" hanno capito e divulgato la verità assoluta, noncuranti di un evento sismico ancora in corso e della possibilità che danni ed incidenti alle centrali nucleari del nord est del Giappone potessero acuirsi col passare delle ore. Ora essi stanno venendo puntualmente smentiti dai danneggiamenti ai sistemi di raffreddamento dei reattori della centrale Fukushima I (ma ci sono problemi anche alle centrali Fukushima II e Onagawa) che se finora hanno causato "solo" fughe di idrogeno con conseguenti incendi ed esplosioni non è ancora escluso al 100% che non possano portare alla fusione parziale o totale del nocciolo (ovvero dei materiali fissili e dei rivestimenti che li racchiudono) e al contemporaneo cedimento dei vari livelli di contenimento, con la conseguente fuoriuscita di una massa radioattiva che contaminerebbe gravemente l'ambiente esterno, che poi è l'ipotesi peggiore che in queste ore si sta tentando di scongiurare in qualsiasi modo, anche con metodi poco ortodossi purché si riescano a raffreddare i reattori, come l'utilizzo di acqua di mare, che però a contatto con l'acido borico che assorbe i neutroni della fissione nucleare compromette per sempre la funzionalità dei reattori.
Intanto nel Nord-Est del Giappone l'allarme radioattività (che qualcuno aveva lanciato da quasi subito) è in continua crescita in queste ore, non solo nel raggio di 20 km attorno agli impianti, ma in un'area più vasta che arriva a lambire Tokyo, mentre ambasciate e multinazionali stanno invitando concittadini e dipendenti a lasciare il Sol Levante, e la Lufthansa ha sospeso i voli per la capitale nipponica.
Insomma i minimizzatori della prima ora vengono svergognati e umiliati da una situazione che purtroppo è ben lungi da essere quella da loro temerariamente paventata subito dopo il big one, la lunga e fortissima scossa di venerdì 11, e dopo lo tsunami che ne è seguito. Ironia della sorte, proprio coloro che da sempre avversano l' "isterismo antinuclearista", hanno finito loro per passare come in preda ad una sorta di isteria nuclearista, per colpa della quale non appena si sono resi conto che quanto stava avvenendo in Giappone avrebbe potuto risvegliare le coscienze sopite di molti italiani, si sono precipitati a gettare acqua sul fuoco. E così, nel solco della tipica tradizione italica per cui qualsiasi evento internazionale deve assumere una connotazione nazionale e una utilità nel dibattito politico interno, la presunta tenuta nucleare giapponese è stata usata per difendere le posizioni di chi sostiene un poco difendibile progetto nucleare italiano che sembra poco lucido e ragionato già soltanto per la tecnologia scelta - la francese EPR, che non offre adeguate garanzie nè in fase di realizzazione nè in fase di esercizio, come più volte evidenziato da l'Interessante, e che in questo momento oltre ai francesi che la producono e a noi che gliela compreremo nessuno al mondo attualmente intende utilizzare.
Le dichiarazioni di questi signori, fatte di fedeltà assoluta al nucleare a prescindere da qualsiasi cosa accada in Giappone, non lasciano spazio a dubbio alcuno: non si dialoga, non si ragiona, e non si mettono in discussione le decisioni fin'ora prese perché il ritorno dell'Italia all'energia dell'atomo è una questione di grandi interessi privati più che una questione d'interesse nazionale. Chi avesse veramente a buon cuore la salute, la sicurezza e le tasche dei cittadini, oltre che lo sviluppo economico e l'indipendenza energetica di questo paese, sarebbe perlomeno più attento a quanto sta accadendo e più sensibile alle ragioni di chi si allarma, e si mostrerebbe almeno disponibile ad aperture se non sul "se" almeno sul "come" tornare al nucleare. Ma neanche questo succede, e anzi col paraocchi e senza vergogna se ne dicono di tutti i colori per giustificare la giustezza di una scelta che si ascrive all'Italia ma che in realtà è frutto della volontà di pochi.
E allora alla incompetenza di certi isterico-nuclearisti in una materia obiettivamente complessa e troppo spesso volgarmente semplificata e approssimata contrappongo la mia di incompetenza, che però proverò a corroborare con alcuni semplici e precisi dati di fatto.
Anzitutto da incompetente mi chiedo come lo scienziato Veronesi possa essere assolutamente certo della sicurezza delle centrali nucleari e tacciare chi non la pensa così di ragionare con un'obsoleta mentalità ideologica. A me pare evidente che un incidente in una centrale nucleare è sì molto raro, ma è altrettanto evidente - come purtroppo sta confermando il caso di Fukushima - che è potenzialmente molto più pericoloso, perchè l'ambito e la popolazione coinvolta possono essere molto ampi. Quest'aspetto è ignorato anche dal giornalista Paolo del Debbio che oggi su Il Giornale, fa addirittura la conta dei morti provocati dalle varie fonti di produzione di energia:
Un’altra chimera è quella relativa alla pericolosità del nucleare e alla totale sicurezza di tutte le altre fonti energetiche. Balla travestita da chimera. Carbone: 7.000 morti l’anno dei quali 5.000 nella sola Cina. Gas naturale: nel 1983 in Messico 55 persone morte, 7.000 ferite, 300.000 abitanti evacuati. Petrolio: nel 1998 a Warri in Nigeria 500 morti, nel 1994 a Seul 500 morti. E si potrebbe continuare anche senza ricordare i 2000 morti del Vajont, cioè idroelettrico.
Ancora una volta sfugge quella che è la caratteristica principale di un eventuale evento catastrofico nucleare, ovvero la non circoscrivibilità delle contaminazioni nel tempo e nello spazio, concetto che clamorosamente sfugge anche al pio Pierferdinando Casini, nella cui testa il cedimento di una diga o la fusione di un reattore nucleare hanno lo stesso potenziale distruttivo in termini di vite umane e disastro ambientale.
E poi al leader dell'Udc, che rimarca la straordinaria potenza del sisma dell'11 marzo scorso in confronto al più modesto (?) terremoto dell'Aquila quasi i cataclismi fossero appannaggio esclusivo di lontane terre esotiche, occorrerebbe ricordare che il Mediterraneo e l'Italia nel corso della storia sono stati colpiti da immani terremoti e maremoti (per esempio i devastanti eventi sismici di Thera - l'odierna Santorini - nel 1267 a.c. circa, del mediterraneo orientale nel 1202, della Val di Noto nel 1693, e di Messina e Reggio Calabria nel 1908).
"Le centrali nucleari giapponesi sono state costruite per sopportare un terremoto di 8,5 gradi della scala Richter. Poi cos’è successo? E’ arrivato un sisma di 8,9 e le strutture non hanno retto”. Le centrali italiane saranno costruite per resistere a delle scosse di circa 7,1 gradi, ma, come sostiene Tozzi, “chi ci assicura che un giorno non arriverà un sisma più potente?”. Nessuno, appunto. Perché i terremoti sono fenomeni che non si possono prevedere. Inoltre il disastro giapponese è avvenuto nel paese tecnologicamente più avanzato del mondo. A Tokio infatti è radicata una seria cultura del rischio che è frutto di una profonda conoscenza di questi fenomeni. “Con quale faccia di tolla i vari Cicchitto ci vengono a vendere l’idea che in Italia, in caso di terremoto, le cose possano andare meglio che in Giappone?
Chissà se il ministro Prestigiacomo quando dice che da parte del governo non c'è nessuna sottovalutazione dei rischi dell'atomo intende dire che è sicura che sia stata fatta la scelta migliore quando nel 2009 è stato firmato il memorandum of understanding tra l'Enel e la francese Edf che ci impegna ad acquistare quattro reattori di terza generazione avanzata di tipo EPR... E chissà se il ministro sa che proprio in termini di sicurezza la tecnologia EPR sta dimostrando di essere piuttosto inefficiente. Lo sa o no che quest'inverno molti dei 58 reattori attivi in Francia hanno avuto problemi e avarie? Lo sanno la Prestigiacomo e il presidente Fini che le centrali EPR in costruzione a Flamanville (Francia) e Olkiluoto (Finlandia) hanno visto i loro costi lievitare quando non raddoppiare e stanno dimostrando già in questa fase di avere difetti ai tanto decantati moderni sistemi di sicurezza, relativi anche a quell' interruttore automatico che interrompe la fissione quando si creano situazioni di pericolo che sarebbe poi la grande innovazione che renderebbe queste centrali più sicure delle altre? E Fini lo sa che l'ultimissima generazione come la chiama lui, quella veramente sicura oltrechè efficiente dal punto di vista dello smaltimento delle scorie e su cui quindi si potrebbe veramente ragionare, è la quarta generazione, i cui prototipi però non saranno disponibili prima di vent'anni almeno? E che dicono i nostri politici del fatto che siamo rimasti gli unici cui la Francia può sbolognare la sua tecnologia, che si è dimostrata economicamente svantaggiosa anche per i ricchi Emirati Arabi che poco più di un anno fa per il loro ambizioso programma nucleare invece che puntare sull'offerta di Areva hanno optato per una più conveniente offerta sudcoreana?
Poi diciamolo, agli isterico-nuclearisti manca quella dose di onestà intellettuale per riconoscere che non si può più argomentare che l'energia nucleare è la più economica: infatti dovrebbero sapere che il costo di quell'energia va identificato non soltanto con i costi per la costruzione (incontrollabili in Finlandia figuriamoci da noi) e per il funzionamento delle centrali e con il prezzo da pagare per l'acquisto delle materie prime (principalmente uranio e plutonio). Il costo del nucleare difatti deve essere dato anche dalle esternalità negative difficilmente stimabili e date dai rischi di un eventuale incidente per l'ambiente e la salute delle persone, e soprattutto dai costi economici e ambientali per lo stoccaggio delle scorie radioattive, costo impossibile da calcolare con precisione dato che occorrono 30.000 anni di confinamento affinchè le scorie diventino inattive e quindi innocue. Invece il MIT, Massachussets Institute of Technology con uno studio del 2009 ha calcolato i costi effettivi per gli impianti nucleari di nuova costruzione, e ha scoperto che il costo del kWh nucleare è superiore a quello di gas e carbone, in primo luogo a causa degli ingenti investimenti per la costruzione delle centrali, ma anche per la dilatazione dei tempi di realizzazione delle stesse, e per i maggiori oneri finanziari (che tra l'altro fanno propendere per investimenti in centrali nucleari in epoche di bassi tassi d'interesse).
Comunque limitandosi anche solo al costo di costruzione, per l'installazione di 4 centrali in Italia è prevista una spesa oscillante tra i 20 ed i 30 miliardi di euro (la forbice è ampia proprio per le già menzionate incognite riscontrate nella costruzione delle centrali EPR), cioè tra i 5 e gli 8 miliardi di euro a centrale. Visto che a Olkiluoto e Flamanville oltre ai costi sono raddoppiati anche i tempi viene da sè che la data prevista del 2020 per la messa in funzione della prima centrale in Italia è una data irrealistica, visto che nessuna prima pietra sarà posata prima di almeno tre anni e visto che per ogni centrale ci vorrà almeno un decennio di lavori. Ha senso spendere tutto questo denaro per averle in funzione tra 15/20 anni ?
Per carità è vero che la soluzione della questione energetica non può basarsi soltanto sullo sfruttamento delle rinnovabili ma passa attraverso un bilanciato e ragionevole mix delle varie tipologie di fonti di energia disponibili; tuttavia non ci vengano a dire che un mix energetico senza il nucleare non sia quantomeno ipotizzabile, anche perché non è certo col nucleare che si darà la rapida risposta che l'Europa intende dare sui tagli alle emissioni di gas serra da qui al 2020, quando in Italia ancora non ci saranno reattori in funzione.
Quando magari un giorno ci saranno, essi dovrebbero contribuire al 25% del fabbisogno energetico nazionale, e dovrebbero anche contribuire alla riduzione di emissioni di gas serra. Su quest'ultimo aspetto però il condizionale è d'obbligo, perché per avere una misura precisa dell'eventuale riduzione di emissioni bisognerebbe conoscere l'esatto bilancio energetico dell'elettronucleare, ovvero la differenza tra l'energia prodotta e il dispendio complessivo di energia durante tutto il ciclo nucleare, dall'estrazione di uranio e plutonio fino alla fissione. Considerando poi che l'Italia dovrebbe acquistare ed importare dall'estero queste materie prime, e considerando anche che l'energia in Italia costa più che altrove, si capisce facilmente che l'energia nucleare che ci dicono dovrebbe abbattere la nostra bolletta energetica potrebbe costare più di quanto ci costa l'energia elettrica e termica che oggi produciamo attraverso le fonti combustibili e rinnovabili.
Non sarebbe più intelligente puntare su progetti meno costosi e più innovativi basati sulle caratteristiche e le potenzialità del territorio italiano? Per esempio il Progetto Marsili, la prima centrale geotermica offshore che potrebbe produrre energia pari a quella prodotta da una centrale nucleare di media taglia sfruttando il calore generato dal Marsili, il più grande vulcano attivo d'Europa, posto nel Tirreno a 3500 metri di profondità a 150 km dalle coste calabresi e siciliane.
A proposito di peculiarità italiane, viene da chiedersi non solo dove saranno costruite le centrali e dove saranno stoccate le scorie radioattive, visto che attualmente nessuna regione ha dato la disponibilità, ma anche se tante volte quello delle scorie non possa diventare un ennesimo sfregio al territorio e un ennesimo affare per imprenditori senza scrupoli ed ecomafie, in un paese dove già non si sa come trattare i rifiuti urbani, dove il traffico di rifiuti speciali industriali costituisce un enorme fonte di ricchezza per le organizzazioni criminali e dove sui "piccoli" business dell' eolico e del fotovoltaico non si contano le truffe e le speculazioni di cricche varie.
E poi le nostre grandi imprese che si aggiudicheranno i succulenti appalti sarebbero all'altezza della realizzazione di impianti così avanzati? Il recente e vergognoso esempio del termovalorizzatore di Acerra realizzato da Impregilo parla già da solo. Purtroppo di questi tempi in Italia dove c'è un appalto c'è un reato ed una fregatura: in questo senso i mega-appalti del nucleare fanno paura.
Da incompetente ci scommetto che vista l'entità degli interessi in ballo (delle grandi compagnie energetiche così come dei costruttori privati e dei loro amici politici) questo governo farà di tutto per portare avanti il suo progetto nucleare, con ferma e cieca determinazione. E i fatti almeno per il momento non sembrano darmi torto: per esempio la notizia di oggi è che il governo intenderebbe cancellare l’obbligo di indicare dove intende realizzare i siti delle centrali nucleari, impedendo così le obiezioni degli enti locali interessati. Intanto di sicuro sarà attuato il tradizionale boicottaggio dei referendum popolari, questa volta su nucleare, legittimo impedimento e privatizzazione dell'acqua, calendarizzati non insieme alle amministrative ma al 12 giugno, così da renderne più difficile il raggiungimento del quorum. Chissà però che un'eventuale recrudescenza di antinuclearismo non possa portare tanti italiani alle urne, e chissà che con un effetto contagio il quorum divenga un'ipotesi più realistica anche per gli altri quesiti referendari, legittimo impedimento compreso. Il 12 giugno potrebbe quindi essere un giorno molto intrigante per la democrazia ed il futuro di questo paese, e una delle rare occasioni per far sentire la nostra voce a quella razza di incompetenti. Basta volerlo.
Leggi lo studio del prof. Angelo Baracca "L’energia nucleare: una scelta cara, inutile, e pericolosa"
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