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[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

venerdì 18 febbraio 2011

# Centrali sì, ma geotermiche

(Il vulcano sottomarino Marsili)

Tra qualche settimana prenderà il via la fase esplorativa (la prima) del progetto Marsili, il primo tentativo al mondo di valorizzazione dell'energia geotermica sottomarina, un esperimento portato avanti dalla società marchigiana Eurobuilding di concerto con un comitato scientifico composto tra gli altri dall'Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV) e dall'Istituto di geologia marina del CNR. In mare aperto, a diverse centinaia di metri di profondità e a circa 150 km dalle coste calabresi e siciliane, dopo adeguati monitoraggi e campionamenti, sonde perforeranno un pozzo pilota in un punto ben preciso del Vulcano Marsili, un vulcano sottomarino attivo che è anche il più grande vulcano d'Europa, alto 3000 metri (la cima è 450 metri sotto la superficie del Tirreno), lungo 70 km e largo 30. Esso chiaramente rappresenta un'enorme fonte di calore, poiché l'acqua marina che normalmente si infiltra all'interno dei vulcani sottomarini può surriscaldarsi fino a 400° e raggiungere pressioni superiori ai 200 bar; la fase esplorativa del progetto Marsili avrà come obiettivo proprio quello di raccogliere tutte le informazioni necessarie a comprendere l'esatta misura di questo potenziale calorifero nonché la composizione e la salinità delle acque, i campi magnetici presenti e il livello di attività sismica del vulcano. Grazie al modello del campo geotermico sottomarino che sarà possibile elaborare sulla base di tutti questi dati, si potrà poi passare alle perforazioni da parte di un'apposita drilling ship che porteranno alla realizzazione - forse entro il 2015 - e alla messa in opera della prima centrale geotermica offshore al mondo per l'estrazione dei fluidi ad alta entalpia (ovvero a temperature elevate), attraverso cui il calore prelevato verrà trasformato grazie ad una turbina in energia meccanica, da cui a sua volta verrà generata energia elettrica.
Si tratta di un progetto avveneristico, che si avvarrà già dalla prima fase delle più moderne e sofisticate tecnologie per la ricerca sottomarina, e che sicuramente presenterà diverse incognite, legate sia ai costi che alle difficoltà di realizzazione, e anche diversi rischi: non tanto dal punto di vista delle difficoltà logistiche tipiche degli impianti offshore, vista l'alta affidabilità delle moderne tecnologie anche in condizioni estreme, nè tantomeno dal punto di vista ambientale, visto che non altererebbe l'ecosistema, quanto piuttosto per tutto ciò che comporta la pericolosa vitalità del vulcano, su cui già per esempio il presidente dell'INGV Enzo Boschi aveva lanciato un allarme circa un anno fa.
Quella dell'avvio del progetto Marsili sarebbe una bella, un'ottima notizia, se questo grande progetto nell'ambito della ricerca sulla geotermia non rappresentasse poco più che un caso isolato, se si basasse su finanziamenti pubblici oltre che su quelli privati, o se perlomeno non venisse ostacolato dall'eccessiva burocrazia. In realtà, vista anche la natura innovativa del progetto, ci sono voluti tre anni per il conferimento alla Eurobuilding del permesso di ricerca di fluidi geotermici nell'area del Tirreno Meridionale, decretato nel settembre 2009 dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Più in generale, nonostante l'Italia possieda uno dei più importanti potenziali geotermici d'Europa, per via di un substrato geologico molto caldo e molto "vivo", secondo forse solo a quello dell'Islanda, e nonostante il primo impianto geotermico al mondo sia stato realizzato nel 1904 proprio in Italia, a Larderello, in provincia di Pisa, in un'area della Toscana che comprende le colline metallifere e il Monte Amiata e che a tutt'oggi con diverse centrali geotermiche ad alta entalpia copre un quarto del fabbisogno energetico di tutta la regione, non si può certo dire che l'Italia abbia puntato o stia scommettendo molto su questa fonte energetica. Oltre al progetto Marsili infatti attualmente sono molto pochi i progetti innovativi pilota in grado di aprire nuove strade allo sfruttamento di un'energia pulita, rinnovabile e di cui disponiamo in gran quantità: sempre a Pisa un vasto giacimento di acqua a circa 50 gradi a 600 metri di profondità recentemente scoperto servirà a riscaldare l'ospedale di Cisanello, oltre che ad alimentare un nuovo centro termale e a rifornire di energia alcune strutture universitarie che sorgeranno nelle vicinanze. A Roma il professor Franco Barberi, a seguito della sua scoperta di un grande fiume sotterraneo con acqua a 20°qualche decina di metri sotto il letto del Tevere, sta portando avanti un progetto pilota con cui si provvederà al riscaldamento e al raffrescamento di alcune nuove residenze universitarie di Roma Tre, per un totale di oltre 30.000 metri cubi di edifici interessati, grazie a finanziamenti dell'università stessa. Va però aggiunto che nonostante gli studi e le scoperte di Barberi risalgano ormai a più di due anni fa, le istituzioni locali ancora non sembrano interessate alle potenzialità offerte dai giacimenti di calore sotto la capitale, tanto che nell'ambiziosoe voluminoso masterplan voluto da Alemanno e redatto dall'economista americano Jeremy Rifkin che entro il 2020 dovrebbe fare di Roma una città modello dal punto di vista della sostenibilità ambientale la parola geotermia non compare neanche una volta, mentre si prediligono alternative come l'idrogeno o l'eolico che non sembrano certo essere le naturali vocazioni energetiche della Città Eterna.
Nel nostro paese sembra in crescita soprattutto la geotermia a bassa entalpia, che con una semplice pompa di calore permette a singole abitazioni di sfruttare il calore che dovunque si trova nel sottosuolo a temperature costanti per riscaldare e rinfrescare gli ambienti. Nel 2009 le installazioni di questo tipo sono aumentate di circa due terzi, e anche se al momento non esistono incentivi, col c.d. decreto geotermia dello scorso febbraio sono state semplificate le procedure per l'autorizzazione per l'avvio di impianti geotermici a bassa e media entalpia. Sembra insomma che almeno per quel che riguarda gli impianti più piccoli che necessitano di temperature più basse, si possa prevedere nel nostro paese un prossimo sviluppo significativo.
Intanto però il rapporto Global Geothermal Power and Heat Pump Market Outlook 2010-2015, realizzato da M&M (Markets and Markets) dipinge un quadro poco edificante. Scrive il sito geologi.info:

Spostando l’attenzione sull’Europa a 27, l'Italia si colloca al secondo posto dopo l'Ungheria con 500 MW di potenza geotermica installata destinata agli usi diretti (pompe di calore escluse). Ma le cose cambiano radicalmente se si va ad analizzare lo sfruttamento dell'energia geotermica per la climatizzazione in ambito civile.In questo caso, l'Italia si posiziona solo al 14° posto dietro Paesi come la Lituania e la Lettonia. In questo settore il mercato italiano è cresciuto poco negli ultimi anni rispetto a quanto avvenuto in altri Paesi europei. Basti pensare che nel 2005 in Italia c'erano 120 MW installati mentre nel 2008 erano 150 MW.Nello stesso lasso temporale la Germania è balzata da 681 MW a 1.652 MW, mentre la Francia da 702 a 1.366 MW. Si tratta di incrementi tripli rispetto a quelli nazionali che dimostrano l'arretratezza del Paese nell'adozione di queste rinnovabili termiche seppur in presenza di un industria nazionale leader a livello mondiale.

Sorge un dubbio: che siano proprio grandi progetti energetici alternativi come il rilancio del nucleare o i tanti gasdotti in procinto di realizzazione tra Caucaso o nordafrica e Italia a distrarre la politica dalla soluzione a portata di mano rappresentata dai giacimenti di calore sotterraneo? Oppure è la diffusione di piccoli impianti geotermici a bassa entalpia ad andare contro agli interessi dei produttori e gestori della costosa e inquinante energia che la geotermia andrebbe a sostituire?
La cosa certa è che la centrale offshore sopra il vulcano Marsili che potrebbe vedere la luce nel 2015 potrebbe avere una capacità produttiva intorno agli 800 MW – 1 GW, con una produzione prevista annua di circa 1,3 TWh, praticamente pari a quella di una centrale nucleare di media taglia, solo che con tempi e costi di realizzazione dimezzati.

Oggi il Consiglio dei Ministri ha approvato alcune modifiche al decreto legislativo 31/2010 emanato lo scorso febbraio e col quale si stabilivano i criteri per la localizzazione, la realizzazione e l'esercizio di tutti gli impianti necessari alla produzione di energia nucleare; tra le altre cose il decreto di oggi recepisce i rilievi posti dalla Corte Costituzionale, secondo cui è necessario un parere preventivo, seppur non vincolante, delle regioni interessate ad ospitare le centrali. In sostanza il governo prova a rivitalizzare il progetto del ritorno dell'Italia al nucleare dopo mesi e mesi di impasse, dovuti prima alle dimissioni di Scajola, poi alla più generale paralisi di tutta l'attività di governo che si protrae dalla scorsa estate, col risultato che in mezza legislatura il governo, nell'ambito del rilancio del nucleare è riuscito a malapena a mettere su l'agenzia per la sicurezza nucleare. Tuttavia ora l'esecutivo tenta di dare nuovo slancio a tutto il processo decisionale, ribadendo la sua intenzione di non farsi condizionare dalle istanze delle realtà locali nel nome del preminente interesse nazionale, e anche smascherando la sua strategia per l'individuazione dei siti dove sorgeranno le centrali nucleari: difatti tra le modifiche apportate oggi al testo del decreto 31/2010 spicca il passaggio da "misure compensative relative" al ben più franco e comprensibile "benefici economici relativi" (da Il Tempo), con cui lo stato centrale risarcirà le regioni interessate. Soldi - tanti soldi - agli enti locali, di questi tempi tanto affamati e privi di risorse: sarà facile convincere regioni e comuni con l'acqua alla gola, magari al centro sud, anche se poi l'energia la divorerà il più industrializzato nord.
Insomma il governo procede a testa bassa, anche se, come già più volte ribadito, la tecnologia (sviluppata in Francia dalla AREVA) che si è scelto di utilizzare è quella nucleare di terza generazione avanzata di tipo EPR, dove per "avanzata" si intendono soltanto maggiori standard di sicurezza rispetto alle centrali tradizionali, mentre per EPR si intende "European Pressurized Reactor", reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata, una tecnologia per cui nel processo di fissione si utilizza acqua naturale sotto-raffreddata per il raffreddamento del nocciolo e la moderazione dei neutroni. Purtroppo trattasi di tecnologia che, checché se ne dica, non offre adeguate garanzie, nè in fase di realizzazione (come dimostra il clamoroso caso di Olkiluoto), nè in fase di esercizio: è di pochi giorni fa la notizia di un serio incidente nella centrale nucleare di Tricastin, e sempre in questi giorni sono state riscontrate diverse anomalie in ben 34 dei 58 reattori nucleari presenti sul territorio francese, anomalie che talvolta riguardano i circuiti d'emergenza per il raffreddamento, talvolta i gruppi elettrogeni che devono assicurare l'arresto in sicurezza dei reattori in casi di black out sulla rete elettrica nazionale. Alle incognite cui si andrà in conto per aver optato per la tecnologia EPR, andranno poi sommate quelle tipiche e ben note sullo stoccaggio delle scorie nucleari, sugli effettivi benefici per la bolletta energetica, e sull'approvvigionamento dell'uranio, questione dirimente che non aiuterebbe di certo l'Italia ad emanciparsi dalla sua dipendenza energetica.

E pensare che basterebbe assecondare la primaria e più naturale vocazione energetica del nostro territorio...

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