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[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

sabato 6 agosto 2011

# Si punta sul ponte ? Non ditelo in giro

I Lavori propedeutici sono partiti già nel 2009.
L'apertura dei cantieri principali è prevista nella seconda metà del 2012
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Sarà percorribile dal 2018.
Il suo costo, a causa dell'aggiunta al progetto di opere a terra di servizio e di raccordo per un totale di 40 km, è lievitato da 6,3 a 8,5 miliardi di euro (per la cronaca nel 2003 i costi erano stati stimati in meno di 4 miliardi).

Però la notizia dell'approvazione del progetto finale del Ponte sullo Stretto di Messina da parte della società incaricata della progettazione e gestione dell'opera ( la Stretto di Messina S.p.a, società interamente pubblica cui è affiancata Eurolink, la cordata di imprese capeggiata da Impregilo che realizzerà l'immensa opera pubblica) non ha avuto molta eco. Evidentemente non si tratta di un argomento di interesse nazionale, perlomeno in questo momento. Però il governo delle manovre lacrime e sangue tutte tasse tagli e zero fondi per la crescita continua a sostenere eccome questa opera faraonica dalla dubbia utilità e dal costo esorbitante (pari a una finanziaria, o a due centrali nucleari di quelle che dovevamo costruire, o a quasi l'1% di Pil), specie a fronte del deserto infrastrutturale del mezzogiorno, dalla Salerno-Reggio Calabria alle ferrovie locali che il ponte dovrebbe connettere e che sono ancora ad unico binario e con traversine in legno.

Addirittura l'altro ieri, nel pieno di quel giovedì nero in cui l'Europa ha bruciato 173 miliardi di euro e in cui il mondo intero si augurava che il governo italiano avesse la saggezza di intervenire in qualche modo e al più presto per placare l'ondata di insicurezza e di vendite nei mercati finanziari turbati stavolta proprio dal timore di insolvenza del sistema Italia, Berlusconi, insieme al sottosegretario Letta e al ministro Matteoli ha trovato il tempo (e il coraggio) per partecipare a Palazzo Chigi ad una riunione dedicata al ponte sullo Stretto durante la quale i vertici del governo hanno incontrato l'Ad e gli altri dirigenti della società Stretto di Messina, nonché il presidente dell'Anas Pietro Ciucci.

L'ostinazione con la quale i governi Berlusconi hanno sostenuto negli anni il progetto del ponte sullo Stretto contro ogni logica economica, contro ogni evidenza scientifica, e contro ogni seria presa di coscienza dei reali bisogni infrastrutturali del mezzogiorno, ora pià che mai appare poco comprensibile e fuori luogo. Forse è proprio in questi momenti che bisogna andare a ricordare gli inizi di questa storia, e quei brogliacci di intercettazioni telefoniche risalenti al 2005 in cui l'economista Carlo Pelanda, ben prima dell'aggiudicazione ufficiale della gara d'appalto, comunicava a Paolo Savona, allora presidente di Impregilo che "La gara per il ponte sullo Stretto la vincerà Impregilo" . Pelanda al telefono peraltro sosteneva di aver saputo del probabile esito della gara da Marcello Dell'Utri...

Iniziata in questo modo opaco che la magistratura avrebbe fatto meglio ad indagare maggiormente, l'irresponsabile avventura del ponte ora rischia di proseguire sotto altri cattivi auspici. Difatti a giugno la Commissione europea ha inviato all'europarlamento la proposta di bilancio europeo 2014-2020, nella quale si ventila l'ipotesi della sostituzione del corridoio 1 Berlino-Palermo con un nuovo e più strategico corridoio 5 che partirebbe più a Nord, da Helsinki, e terminerebbe più a Sud, a La Valletta. Per raggiungere Malta ed il Sud del Mediterraneo il nuovo corridoio prioritario nord-sud dopo Napoli non proseguirebbe più attraverso Calabria e Sicilia ma devierebbe verso la Puglia e poi da lì proseguirebbe per Malta attraverso un'apposita nuova autostrada del mare. Le ragioni di questo ripensamento della Commissione Barroso non sono note, ma si possono immaginare anche riserve legate all' opportunità di finanziare cospicuamente una cattedrale nel deserto ben poco utile alla rete di trasporti europea. Comunque sia, se tale nuovo orientamento dovesse essere confermato (la decisione finale della Commissione europea è attesa per il 21 settembre) neanche un euro dei 30 miliardi di finanziamenti europei inizialmente previsti per le infrastrutture calabresi e siciliane (autostrada A3, ponte sullo Stretto, rete ferroviaria, porto di Palermo) giungerebbe alle due regioni che dovrebbero essere collegate dal ponte. E forse proprio per colpa del ponte.

Il governo intanto cerca di rivendicare, senza dar troppo nell'occhio, i presunti vantaggi della costruzione del ponte faraonico, e visto che i risparmi di tempo di attraversamento dello stretto (che poi dovrebbero rappresentare le ragioni basilari dell'utilità dell'opera) in rapporto all'entità del progetto sono minimi - si parla di un'ora in meno per il traffico su gomma, di due ore in meno per i treni - ci si appiglia alla foglia di fico dei vantaggi per l'occupazione: il ministro Matteoli ha stimato in 40 mila unità lavorative annue la ricaduta occupazionale dell'investimento. Nientedimeno. Una stima piuttosto generosa (ed effettuata chissà su quali basi: per esempio vi sono inclusi tutti gli attuali impiegati nei servizi portuali e di attraversamento dello Stretto che il ponte andrebbe a ridimensionare?) ma di cui è facile comprendere la ragione, a fronte di quegli 8,5 miliardi di euro di spesa (prevista!) ben poco giustificabili di questi tempi, e con cui si potrebbe fare ben altro per stimolare occupazione e crescita nel mezzogiorno.

Già, perché proprio dal 29 luglio, giorno dell'approvazione del progetto definitivo, è cominciata la settimana di passione dello spread sempre più altro, dei btp sempre più simili a carta straccia che a titoli di rendimento, e della borsa italiana che è andata sempre più giù, e che ha trascinato con sè le borse di tutto il mondo; l'Italia è a rischio default più della Spagna, ed è sempre più evidente l'insostenibilità di un'economia gravata da un debito pubblico esorbitante a cui si accompagna una crescita prossima allo zero, nel decennio scorso così come nelle previsioni per gli anni a venire; il mondo quindi ci chiede interventi strutturali urgenti; ma risorse per manovre di stimolo alla crescita ci dicono che non ce ne sono; perciò si va avanti a forza di tagli dei servizi pubblici e a suon di continui gravami per famiglie e imprese.
A fronte di questo quadro però Stato ed enti locali dovrebbero finanziare almeno 4,5 degli 8,5 miliardi previsti per la realizzazione del ponte, che quindi per forza di cose diventerebbe uno dei principali volani della ripresa italiana.
Ma questo per favore non andatelo a spifferare agli investitori internazionali...


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