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[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

martedì 16 agosto 2011

# Con la cultura (e il turismo) ci si mangia eccome


In una fase come questa, in cui ci si prospettano almeno 3 anni di lacrime e sangue con più tasse e ulteriori tagli alla spesa pubblica, si finisce inevitabilmente per guardarsi attorno e ricordarsi dove veramente ci sarebbero tante risorse, o perlomeno dov'è che ci sono le maggiori perdite e i più rilevanti mancati guadagni. Insomma in un batter d'occhio ci si fa venire in mente dove si potrebbe andare a pescare risorse necessarie per ridare fiato a tutto il sistema Italia, bisognoso di una bella iniezione di stimoli alla crescita, piuttosto che di ulteriori manovre di fatto depressive.
In questi ultimi giorni per esempio si è riparlato dei 330 miliardi dell'economia sommersa italiana, tra i 150 milardi di euro di fatturato della criminalità organizzata, i 60 miliardi che ci costa la corruzione annualmente , o i 120 miliardi di euro che si evadono: soldi a palate, che al governo però non paiono interessare più di tanto.
Così come nelle stanze del potere a nessuno salta in mente di provare a vedere se è il caso di recuperare i circa 3 miliardi di euro all'anno che si potrebbero risparmiare smettendo di inginocchiarci di fronte al Vaticano e riconsiderando il meccanismo perverso dell'8 per mille e gli esagerati ed immotivati privilegi fiscali di cui godono gli enti ecclesiastici.

Ma poi c'è tutto un altro capitolo, quello delle risorse sottoutilizzate, e tra queste emerge il caso del patrimonio storico artistico e archeologico nazionale, che oggi più che mai andrebbe tenuto in considerazione come risorsa per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione, specie in aree tradizionalmente depresse. E invece anche in questo campo tutto si risolve in stupida miopia, o comunque in niente più che pura logica del profitto di pochi privati, che sempre più mettono le mani sulle ricchezze storiche nazionali, con la - talvolta esplicita, talvolta silenziosa - complicità della politica.

Il falso allarme bomba di una decina di giorni fa al Colosseo ha rapidamente riportato l’attenzione sulle vergognose condizioni in cui versano il Foro romano tutto, il Palatino e lo stesso Anfiteatro Flavio. Un paio di giorni dopo il falso allarme un articolo di un giornalista del Corriere della Sera che era andato a fare quattro passi nell'area archeologica più famosa del mondo ha dipinto un quadro a tinte fosche: il patrimonio archeologico appariva a rischio come al solito, non solo per gli scarsi o nulli controlli di sicurezza, ma soprattutto per il degrado in cui tutta l'area versa e in cui i resti archeologici sono a rischio usura e vandalismo. Qua e là si incontrano mucchietti di rifiuti, sia dentro il Colosseo che tra le rovine del Foro, ma anche bombole di gas a portata di mano, aree protette da cordoni e transenne non controllate e quindi abusate da turisti alla ricerca dell'ombra o della migliore foto ricordo, pezzi di monumenti a portata di visitatori poco civili alla caccia di souvenir in pezzi unici ed originali. Vandalismi, furti e borseggi imperversano incontrastati. In un tale contesto quindi continua a sembrare estremamente facile nascondere e piazzare ovunque oggetti qualsiasi, inclusi eventuali marchingegni esplosivi.

Tutta questa incuria fa sorgere spontanea una domanda: ma possibile che lassù non gliene freghi niente a nessuno di come stanno le cose quaggiù?
E così sorge immediata un'altra spontanea domanda: ma chi gestisce Colosseo e Foro romano?

Comune, Commissario straordinario e Soprintendenza speciale dei beni archeologici di Roma a parte, c'è di mezzo lo zampino di Electa Mondadori, divisione artistica del gruppo della famiglia Berlusconi, che oltre alle 43 librerie di musei e monumenti che gestisce in concessione, dal Colosseo al Foro Romano, da Capodimonte fino al MADRE di Napoli, si dedica alla valorizzazione e promozione del patrimonio culturale, di fatto gestendo molte aree archeologiche - leggi qui il lungo elenco di musei e aree archeologiche in cui Electa è presente con ruoli di rilievo a livello gestionale ed organizzativo.
Per farla breve si sappia che nel 2009 Electa Mondadori ha fatturato 29 milioni di euro e ha incassato il 70% di tutte le concessioni statali alle imprese di servizi culturali. Tuttavia, la Soprintendenza ha ricevuto cinque milioni per lo stesso compito, come tempo fa ricordava Ballarò.

Si aggiunga che il prossimo restyling del Colosseo sarà effettuati con fondi privati (di Diego della Valle): per carità ben vengano i privati, purché la logica imprenditoriale sia al servizio della valorizzazione di un monumento nazionale che è anche produttore di ricchezza nazionale. Ma invece sembra andare in un'altra direzione quanto stabilito con la molto opaca firma del contratto di appalto tra commissario speciale (quel Roberto Cecchi molto vicino a Berlusconi che dal 2001 ne sta portando avanti la politica di sfruttamento privatistico e commerciale di siti, monumenti e musei), Soprintendenza dei beni archeologici di Roma e la Tod's: l'accordo prevede che quest'ultima manterrà per quindici anni - prorogabili - l'esclusiva sull'immagine mondiale del monumento romano, e, per l'intera durata dei lavori, curerà la comunicazione e i diritti di commercializzazione, potendo anche esporre i suoi loghi sull'anfiteatro.

Ma d'altronde nel settore della promozione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico la logica privatistica in Italia sembra andare per la maggiore, come spiega un articolo riportato su Vandali.net del giornalista spagnolo Miguel Mora e pubblicato ad aprile su El Pais:
"In Italia alle imprese private di servizi culturali va di lusso. Le visite guidate dell'anfiteatro, e della maggior parte dei musei e zone archeologiche del Paese, sono nelle loro mani. Le imprese ottengono una percentuale fino al 30% sulle entrate. Solo il Colosseo ha tra i 15.000 e i 20.000 visitatori al giorno, a 12 euro ciascuno. Il mercato dei "servizi culturali aggiuntivi" è molto esclusivo: 10 o 12 imprese si dividono la torta".

Il tutto negli ultimi anni è stato inoltre incentivato col sistematico ricorso al regime delle emergenze tanto caro a governo e Protezione Civile, con contratti appaltati ai privati senza gare e senza trasparenza, che avanzano mentre le soprintendenze ed altri enti pubblici arretrano, fiaccati dai continui tagli ai fondi pubblici alla cultura.
Ciò peraltro ingenera circoli viziosi che portano all'allontanamento di archeologi, storici ed altri esperti dai siti che dovrebbero studiare, conservare e valorizzare, per far spazio alle maestranze scelte dai privati, guidati per natura più dalla logica del profitto che da quella della conoscenza e della sensibilità storico-artistica, con inevitabili ulteriori ripercussioni sullo stato di conservazione di molti siti.

Vandali, l'assalto alle bellezze d'Italia è un libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, e al contempo un sito (per la verità poco frequentato), che denunciano tale scempio, per cui il paese con più siti Unesco “patrimonio dell’umanità” al mondo sta distruggendo la sua unica ricchezza, reo della peggiore incuria e miopia, e, si aggiunga, sfruttandola esclusivamente a vantaggio di pochi (per farvi una rapida idea del dissesto, dello scandalo e dello spreco di cui stiamo parlando sul sito date uno sguardo alla galleria degli orrori nella homepage o ai numeri in "risorse").

In effetti sembra un dato di fatto che la crescente volontà di affidare ai privati le sorti del nostro patrimonio storico artistico, nostra vera e propria materia prima, vada di pari passo con il disprezzo dilagante nella classe politica ma anche nella società civile verso ciò di cui invece bisognerebbe andare orgogliosi, consapevoli inoltre di poter da ciò ottenere tutti maggiore benessere.

L'articolo di Miguel Mora si prende la briga di fare un rapido riassunto del marcio che colpevolmente mina parti sostanziose del nostro patrimonio storico-artistico-culturale:
"Tre crolli a Pompei, l'annuncio di un'amnistia sui beni archeologici trafugati, i tagli alle fondazioni liriche, il grave deterioramento del Ponte di Rialto a Venezia, la chiusura di teatri e biblioteche; le manifestazioni e gli scioperi di artisti e lavoratori in tutto il Paese; il rischio di chiusura per l'Istituto Luce, la filmoteca storica di Cinecittà; l'assunzione di alcuni mafiosi scarcerati come custodi del Museo Abatellis di Palermo; lo scandalo di corruzione nella Protezione Civile che si incaricava di organizzare grandi eventi culturali (e religiosi) e di gestire, in condizioni opache e di emergenza, siti archeologici, teatri e musei come la Galleria degli Uffizi di Firenze".

A questi scandaloni e scandaletti si accompagna inevitabile la comprovata incapacità del sistema Italia di valorizzare e sfruttare le proprie ricchezze. Il rapporto del 2009 di PriceWaterHouseCoopers dal titolo "Il valore dell'arte - una prospettiva economico finanziaria" sottolineava le potenzialità di crescita non ancora valorizzate a fronte del patrimonio culturale italiano. Le stime contenute nel rapporto indicavano che l’economia turistica ed il settore culturale e creativo nel 2009 contribuivano al PIL dei principali Paesi europei in media per il 14%. In Italia il settore contribuiva con il 13%, circa 203 miliardi di euro, ben lontana dal 21% della best performer Spagna (con 225 miliardi di euro) ed ultima per valore assoluto di PIL. E questo nonostante l'Italia custodisca il maggior numero di siti patrimonio Unesco (ad oggi i paesi che ne sono più ricchi sono: Italia con 45, Spagna con 42, Cina con 40, Francia con 35, Germania con 33, Gran Bretagna con 28, Stati Uniti con 21).

Difatti lo studio, attraverso il RAC, un indice che analizza il ritorno economico degli asset culturali sui siti Unesco, sottolineava come per esempio gli Stati Uniti, con la metà dei siti rispetto all’Italia (21), avesse un ritorno commerciale pari a 16 volte quello italiano.
Nel 2010 poi PriceWaterHouseCoopers ha ripreso in esame la capacità di sfruttamento turistico dei siti Unesco da parte dell'Italia, confrontandola con quella di altri paesi ad alta densità di siti patrimonio dell'umanità.
Ebbene questi sono stati i risultati:


Ma i dati veramente impietosi sono altri, e legati ai numeri generali del turismo italiano. Dal punto di vista delle quote negli arrivi internazionali annui l'Italia è passata dal 5,6% del 1990 al 4,1% del 2010, e si stima che in mancanza di incisivi interventi strutturali la quota del nostro paese potrebbe scendere nel 2020 al 3,7 %. Inoltre, a fronte delle potenzialità uniche che l'Italia ha nella valorizzazione del suo patrimonio storico artistico e archeologico(ed anche a fronte delle innumerevoli bellezze paesaggistiche della penisola), il livello degli addetti nel settore turistico appare estremamente basso: ne abbiamo 500mila in meno rispetto alla Francia, 700mila rispetto alla Gran Bretagna quasi 900 mila in meno rispetto alla Spagna.

Sarebbe il caso di una profonda e seria riflessione, che induca il governo a dare segni di vita, se non di buon senso, sostenendo investimenti nella cultura e nella gestione e valorizzazione del patrimonio storico artistico e archeologico nazionale. Ne gioverebbe in primis il turismo, che nel nostro paese è ancora una potenzialità sottoutilizzata. E' questa la nostra energia, la nostra materia prima, il nostro petrolio. Altro che Magic Italy e ministre rosce appresso ai campi da golf e agli animali domestici. E altro che panini con la Divina Commedia indigesti al più miope di tutti.

In conclusione cito un altro stralcio dal pezzo di Miguel Mora:
Sapete - perché questo dicono gli studi e i dati - che ogni euro investito in cultura rende più di uno investito nel settore manufatturiero? Quindi, durante una crisi, occorre aumentare gli investimenti nei musei, nello spettacolo, nella manutenzione di monumenti e siti archeologici. Questo direbbe la logica. In Italia, però, le cifre dipingono un quadro esattamente opposto. I finanziamenti alla cultura sono stati decimati da quando governa Berlusconi, una caduta del 40% tra il 2001 e il 2011: da 2.386 a 1.429 milioni di euro.

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