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[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

martedì 7 settembre 2010

# Il discorso di Fini e il "do ut des" della politica

Prendendo atto dell'estromissione dal partito sancita dall'ufficio di presidenza del Pdl del 29 luglio scorso, e proponendo quindi un patto di legislatura alle altre componenti della maggioranza , Fini nel suo discorso di domenica ha in realtà attaccato a tutto campo Berlusconi. Dalla giustizia (il garantismo non deve essere impunità) al federalismo, che così com'è non è equilibrato e solidale, dal "metodo Boffo" allo scandaloso tg1 di Minzolini, dal partito-impresa guidato da uno solo allo scarso coraggio di una politica economica sì accorta ma ben poco produttiva, dai tagli sciagurati alle forze dell'ordine e alla scuola all'invocato ma mai veramente dibattuto taglio delle province, dalla corruzione dilagante agli interim infiniti, dalle genuflessioni a Gheddafi al vuoto d'azione del governo sui temi veramente prioritari per il paese, ovvero welfare, politica industriale e grandi riforme, specie se si considera l'ampia maggioranza parlamentare che sostiene il governo Berlusconi. Il successo elettorale, insieme al merito di essere sceso in politica nel 94, è una delle poche concessioni che Gianfranco ha fatto a Silvio, che a suo avviso ha il diritto di governare, protetto dalla mannaia della magistratura fino a fine mandato, e il dovere di portare a termine la legislatura. Ma questo è quanto. Il resto è tutto un j'acuse, in buona parte largamente condivisibile, che ha quasi il tono di un programma elettorale di una nuova destra che vuol essere diversa e altro dal berlusconismo. E stato inoltre la summa di tutto quanto non detto dal Pd, che continua a farci sospettare di totale incapacità di intendere, volere, agire, fare opposizione.
Più o meno maliziosamente però molti si chiedono come mai Fini si sia accorto solo adesso di che pasta sia fatto quello che è stato il suo principale alleato negli ultimi 16 anni.
Per esempio quanto detto da Fini di questi due anni di (non)governo del paese si applicherebbe benissimo anche ad un bilancio del governo berlusconi 2001-2006, ma all'epoca l'attuale presidente della Camera si guardava bene dal muovere critiche. Anzi, nel 2008 ha acconsentito (senza entusiasmi per la verità) allo scioglimento di An confluendo nel Pdl.
E allora? E' lui che dormiva? O adesso è cambiato qualcosa?
Quello che forse è cambiato in questa legislatura in confronto a quella 2001-2006 è l'equilibrio interno alla maggioranza. Berlusconi braccato dai giudici ha monopolizzato il dibattito politico facendolo vertere su possibili provvedimenti di riforma della giustizia che mentre hanno molto a che fare con i suoi guai giudiziari ben poco hanno a che fare con le reali esigenze di riforma del settore (intercettazioni, lodo Alfano, processo breve...in realtà è della giustizia civile che bisognerebbe occuparsi al volo).
Di conseguenza l'altro alleato, la Lega, forte di un ampio consenso in crescita anche a sud del Po', garantisce la fedeltà sul voto ai provvedimenti ad-Silvium ma in cambio controlla da vicino la politica economica tramite il fidato Tremonti, gli interni col Ministro Maroni, e pretende la rapida attuazione del federalismo fiscale.
E' chiaro che questo equilibrio Berlusconi(ani)-Lega si riflette sull'operato dell'esecutivo pregiudicando (almeno per il momento ma in due anni le cose non sono mai cambiate) la possibilità di dibattere e discutere di altro, come per esempio dell'urgente necessità di rilanciare l'economia, o di temi tradizionalmente cari alla componente ex-An del Pdl, come la concertazione, un nuovo patto sociale, le liberalizzazioni, una politica di sostegno alla famiglia e ai giovani, la valorizzazione delle eccellenze nazionali, il rafforzamento del sentimento nazionale unitario. Tutti concetti rivendicati da Fini a Mirabello ma di cui negli ultimi tempi non si è quasi mai sentito parlare.
In sostanza quindi quello che sta succedendo in queste ore non è solo conseguenza del fatto che nel Pdl non si tollera il dissenso di una voce discordante, ma è conseguenza soprattutto di una presa di coscienza "utilitaristica": nel do ut des che tiene in piedi la maggioranza oramai non c'è più spazio per rivendicazioni altre da quelle dei berluscones e dei leghisti, e quindi per Fini e i suoi l'unico modo per far riemergere e far pesare le proprie rivendicazioni politiche è fuoriuscire dal Pdl e puntare i piedi. Che poi questa "convenienza" politica sia più o meno deprecabile, o faccia parte delle regole del gioco di equilibri e di compromessi della politica, questo sta alla valutazione del singolo cittadino-elettore. Certo l'egemonia berlusconiana sul dibattito politico è ormai giunta a livelli folli, e già solo per questo lo strappo di Fini andrebbe accolto come una benedizione dal cielo.
In queste ore a Arcore si sta decidendo la strategia da adottare nei confronti di Fini , e forse il futuro stesso della legislatura (ovviamente fatte salve le competenze del Capo dello Stato in materia) : il timore è che non venga bene accolta la possibilità di dover ascoltare e mediare con una terza parte che viene a disturbare il ben oliato e autonomo duopolio Bossi-Berlusconi, con il rischio reale di elezioni anticipate. Che sarebbero una tragedia per l'Italia. Non solo perché sarebbero le terze elezioni politiche in meno di 5 anni, non solo perché l'attività politica si bloccherebbe chissà per quanti mesi, ma anche perché se prima non si cambia la legge elettorale si rischia di riprodurre parlamenti e maggioranze molto simili agli attuali: pieni di generali, colonnelli e soldatini, tutti nominati, non scelti dagli elettori, ed espressione dei partiti invece che del paese. Con la conseguente certezza che si andrà incontro ad una ennesima stagione in cui al centro ci sarà sempre il gioco dei partiti, l'interesse dei partiti, il futuro e il passato dei partiti......
Insomma se le elezioni anticipate saranno l'esito della fuoriuscita di Fli dal Pdl si riproporrà la stessa triste situazione verificatasi con Veltroni che nel 2008 col neonato Pd in 3 mesi riconsegnò il paese a Berlusconi: un buon progetto sulla carta in grado di mettere fine al berlusconismo, che però una volta attuato porta ad esiti opposti. Staremo a vedere.


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