Della direzione nazionale del Pdl di ieri, oltre alle già celeberrime immagini dei battibecchi e delle reciproche interruzioni tra Berlusconi e Fini, rimane anche la netta sensazione di un diverso status di (in)coscienza tra Fini e i suoi (pochi) seguaci da una parte, e Berlusconi col grosso della base e degli esponenti del partito del predellino dall'altra. Se questi ultimi non comprendono le parole e le intenzioni dell'ex leader di An quasi avessero a che fare con un ubriaco che farnetica frasi sconnesse, qualcun'altro potrebbe invece pensare che egli in realtà sia uno dei pochi ad essere rimasto lucido. Sensazione che si ha quando per esempio Fini paventa il rischio che riforme come quella del processo breve potrebbero dare perlomeno l'impressione che la maggioranza così facendo intenda garantire "sacche maggiori di impunità": pochi applausi e anzi tanti mugugni e contestazioni...eppure la considerazione di Fini è obiettivamente logica e condivisibile, e enunciata nell'ottica di tutelare non solo la giustizia ma anche l'immagine del partito.
Ora che la tensione latente da mesi tra i due cofondatori del Pdl è esplosa in maniera eclatante e insanabile si potrebbero aprire scenari interessanti sul futuro della legislatura o perlomeno su quello del Pdl: che possa maturare e diventare da partito di plastica del papi-padrone a vero grande partito maggioritario che come tale si basi per la formulazione della sua proposta politica sul dialogo interno tra le diverse sensibilità? E' comunque difficile, così com'è difficile che la corrente finiana puntando i piedi riesca ad incidere nell'azione di governo controbilanciando la temuta Lega.
Ora che la tensione latente da mesi tra i due cofondatori del Pdl è esplosa in maniera eclatante e insanabile si potrebbero aprire scenari interessanti sul futuro della legislatura o perlomeno su quello del Pdl: che possa maturare e diventare da partito di plastica del papi-padrone a vero grande partito maggioritario che come tale si basi per la formulazione della sua proposta politica sul dialogo interno tra le diverse sensibilità? E' comunque difficile, così com'è difficile che la corrente finiana puntando i piedi riesca ad incidere nell'azione di governo controbilanciando la temuta Lega.
Di certo viene da porsi anche l'inquietante interrogativo se questa nuova questione di partito monopolizzerà il dibattito politico delle prossime settimane, allontanando per l'ennesima volta la possibilità di avviare una fase politica costruttiva e fruttuosa (leggasi: riforme e serie politiche di sviluppo).
La posizione di Fini purtroppo è debole e minoritaria - evidentemente il dono della lucidità è per pochi - e non è da escludere che egli debba almeno per il momento ridimensionare le sue ambizioni, oppure correrà il rischio di una rottura che penalizzerà soltanto lui stesso. In altre parole se è chiaro che dopo l'inarrestabile ascesa della Lega al nord registrata dalle elezioni regionali era giunto il momento per Gianfranco di sbottare contro Silvio, colpevole non solo di accondiscendere troppo verso Bossi ma anche di condurre una politica di governo discutibile sia nel metodo (decreti e fiducie a go-go a scavalcare il ruolo del Parlamento) sia nel merito (giustizia ed economia in primis, ma per esempio anche la gestione delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia), non è altrettanto chiaro dove l'ex di An voglia arrivare. All' improbabile mutazione genetica del Pdl? Ad una prematurissima scissione? Ad un inaspettato quanto nonostante tutto dannoso ritorno anticipato alle urne? O più semplicemente e miseramente alla nascita di una corrente all'interno del Pdl che dopo l'iniziale clamore tornerà gradualmente nei ranghi, aspettando tempi migliori? Anche perché francamente non si capisce cosa Fini si aspettasse da un Pdl che non l'ha mai veramente convinto. Già in un'intervista del 16 dicembre 2007 infatti rispondeva così a Feltri che gli chiedeva perché all'epoca era contario all'idea di entrare nel Popolo della Libertà dove per lui era "pronta la seconda poltrona" (per la cronaca due mesi dopo già aveva cambiato idea, con la prospettiva delle elezioni anticipate per la caduta del governo Prodi):
«Abbia pazienza.
Il Cavaliere ha fatto tutto da sé.
Ha messo in piedi i Circoli della libertà con la Brambilla.
Poi ha creato il Partito della libertà senza neanche avvertire i suoi amici di Forza Italia, quindi ha distrutto la Cdl.
Conclusi i giochi, a regole scritte (alla stesura delle quali non siamo stati chiamati a partecipare) dovremmo bussare alla sua porta col cappello in mano e la cenere sulla testa?
Non siamo postulanti.
I progetti si ideano insieme e si realizzano insieme, se si vuole andare lontano.
Non ho nulla di cui scusarmi».
E infatti tanto lontano non stanno andando...
La posizione di Fini purtroppo è debole e minoritaria - evidentemente il dono della lucidità è per pochi - e non è da escludere che egli debba almeno per il momento ridimensionare le sue ambizioni, oppure correrà il rischio di una rottura che penalizzerà soltanto lui stesso. In altre parole se è chiaro che dopo l'inarrestabile ascesa della Lega al nord registrata dalle elezioni regionali era giunto il momento per Gianfranco di sbottare contro Silvio, colpevole non solo di accondiscendere troppo verso Bossi ma anche di condurre una politica di governo discutibile sia nel metodo (decreti e fiducie a go-go a scavalcare il ruolo del Parlamento) sia nel merito (giustizia ed economia in primis, ma per esempio anche la gestione delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia), non è altrettanto chiaro dove l'ex di An voglia arrivare. All' improbabile mutazione genetica del Pdl? Ad una prematurissima scissione? Ad un inaspettato quanto nonostante tutto dannoso ritorno anticipato alle urne? O più semplicemente e miseramente alla nascita di una corrente all'interno del Pdl che dopo l'iniziale clamore tornerà gradualmente nei ranghi, aspettando tempi migliori? Anche perché francamente non si capisce cosa Fini si aspettasse da un Pdl che non l'ha mai veramente convinto. Già in un'intervista del 16 dicembre 2007 infatti rispondeva così a Feltri che gli chiedeva perché all'epoca era contario all'idea di entrare nel Popolo della Libertà dove per lui era "pronta la seconda poltrona" (per la cronaca due mesi dopo già aveva cambiato idea, con la prospettiva delle elezioni anticipate per la caduta del governo Prodi):
«Abbia pazienza.
Il Cavaliere ha fatto tutto da sé.
Ha messo in piedi i Circoli della libertà con la Brambilla.
Poi ha creato il Partito della libertà senza neanche avvertire i suoi amici di Forza Italia, quindi ha distrutto la Cdl.
Conclusi i giochi, a regole scritte (alla stesura delle quali non siamo stati chiamati a partecipare) dovremmo bussare alla sua porta col cappello in mano e la cenere sulla testa?
Non siamo postulanti.
I progetti si ideano insieme e si realizzano insieme, se si vuole andare lontano.
Non ho nulla di cui scusarmi».
E infatti tanto lontano non stanno andando...
Comunque Fini aveva già colto nel segno, e pensava e diceva le stesse cose che dice ora.... Peccato che nel frattempo abbia accettato di sciogliere An nel Pdl (..nell'acido?).
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