Alcuni numeri di "Geronimo", ovvero di quella che è stata definita la più grande operazione di spionaggio compiuta dagli americani dal secondo dopoguerra ad oggi: quasi 10 anni per prendere il terrorista più ricercato al mondo; 4 gli anni di preparazione della missione, cominciati quando nel 2007 due terroristi torturati con il waterboarding in quel di Guantanamo rivelarono indicazioni su un possibile corriere di Osama: era la pista buona; 4 gli elicotteri partiti alla volta di Abbottabad la sera del primo maggio, poi uno è precipitato, forse per avaria, forse colpito - e per un attimo nelle situation room a Washington il Presidente e i suoi collaboratori devono aver rivisto i fantasmi del disastro di Mogadiscio di 18 anni prima; 79 uomini utilizzati nel blitz, sono Navy Seals, reparto Seal Team 6, il supersegreto corpo d'elite creato dopo il fiasco dell'operazione di 31 anni fa per liberare gli ostaggi nell'ambasciata Usa a Teheran; circa 18 le persone presenti nel compound al momento dell'irruzione, 40 minuti di azione, 2 i colpi mortali per Bin Laden, 13 gli anni di una delle figlie di Bin Laden, a quanto pare unica testimone oculare dell'assassinio del padre, 8 0 9 i bambini che insieme alla tredicenne e ad una moglie del jihadista sono rimasti nel compound dopo il blitz.
La portata dell'evento
Ma quanto è strategicamente importante la morte di Osama Bin Laden? Cosa cambia nella lotta al terrorismo? Quanto è duro il colpo inferto alla rete internazionale del terrorismo islamista fondamentalista? Al di là del valore simbolico della fine spettacolare e mediatizzata della caccia all'uomo più sentita della storia recente, per il popolo americano e non solo, soltanto col passare del tempo si potrà rispondere a tali interrogativi. Quel che si sa per certo è che Al Qaeda non ha mai avuto una struttura verticistica, ma è una rete di entità locali indipendenti ed autonome ben ramificate in alcuni territori-roccaforte dove le organizzazioni hanno il controllo del territorio e dove il fondamentalismo per varie ragioni ha attecchito di più (come alcune regioni dell'Afghanistan, del Pakistan o dello Yemen); senza contare le famigerate cellule dormienti o comunque le teste di ponte nei paesi occidentali. Per cui se è vero che al vertice si apre ora la pagina della successione a Osama Bin Laden che vede in pole position l'egiziano Ayman al-Zawahiri, è possibile però anche che diverse "sezioni" dell'organizzazione terroristica intraprendino una sorta di guerra per la supremazia o comunque per dettare la linea e i tempi della jihad. Il problema è che questa eventuale guerra - declinabile in una prova di forza mediatica - se la potrebbero fare a colpi di attentati all'occidente. Sarebbe allora paradossale rilevare che con l'eliminazione del numero 1 di Al Qaida si avrebbe ottenuto l'effetto opposto a quello desiderato, ovvero una recrudescenza di violenza e terrore peraltro nel pieno di una lunga fase che vede Al Qaida sempre più debole e limitata nei mezzi, per effetto di quella guerra al terrore che obiettivamente adesso, dopo anni di operazioni, sta producendo i suoi effetti, riuscendo a spezzare i tentacoli di una rete che per quanto ben organizzata e ramificata non è certo mai stata inattaccabile ed invincibile. A peggiorare le prospettive già poco radiose di Al Qaida negli ultimi mesi poi ci si era messa la primavera araba, che dal nordafrica a quello Yemen così caro ai jihadisti sta distraendo masse di giovani potenziali leve di Al Qaida, ora ben più interessate a rivendicare la libertà, i diritti civili e la democrazia che gli spettano piuttosto che cadere nella tentazione del fondamentalismo islamico.
Morte o vita eterna
Che Osama sia morto solo in parte è un'ovvia conseguenza del fatto che egli è sempre stato più un ispiratore e un istigatore piuttosto che un capo, un dirigente dell'organizzazione. In questo senso, che piaccia o meno, che sia stato programmato o meno, la morte di Osama Bin Laden è parte integrante del personaggio, parte integrante della parabola della bandiera della jihad islamica, parte integrante della strategia mediatica sua e del suo movimento.
Leggi qui alcuni twitter inneggianti a Osama, giusto per avere un'idea di alcune reazioni dal mondo arabo - assolutamente minoritarie e sporadiche - che però danno conto del possibile nuovo stimolo al fondamentalismo che il blitz di domenica potrebbe aver causato.
Epoca di simboli e personalismi
Nelle ore successive alla notizia della morte di Bin Laden le strade delle città americane erano in festa, come se gli Stati Uniti avessero raggiunto la loro vittoria più importante (quando invece probabilmente i colpi più duri ad Al Qaida sono stati inferti con meno clamore nel corso degli ultimi anni); ma scene di giubilio ci sono state un po' ovunque; la gran parte dell'umanità ci dicono ora sia più sollevata; "il mondo ora è migliore" ha detto Obama; e soddisfazione è stata espressa dai leader di tutto il mondo.
Tuttavia se quanto scritto finora in questo post ha una parvenza di verità è lampante l'irrazionalità che ha contagiato non solo gli americani ma il genere umano in generale, il cui comportamento può essere compreso solo pensando a quanto ancora contano i simboli e i personalismi, anche nella nostra epoca che ci piace pensare così moderna ed evoluta.
Giovanissimi in festa
L'altra sera negli States, giù per le strade a festeggiare c'erano soprattutto ragazzi e giovanissimi, persone che nel 2001 erano bambini, ragazzini, o appena adolescenti: forse oggi ancor più che 10 anni fa si può comprendere l'entità della ferita inferta alle coscienze e all' immaginario collettivo americano in quella terribile e vivida giornata di sole del settembre 2001.
Obama e Osama
Barack Obama, da tempo in caduta libera nei sondaggi soprattutto a causa dell'impressione che la sua amministrazione sia incapace nell'arginare la crisi economica, in poche ore ha risalito la china di 10 punti nei sondaggi, di fatto blindando le elezioni dell'anno prossimo. Pensate la faccia dei repubblicani in queste ore: la guerra al terrore era loro appannaggio, ma il risultato più clamoroso l'ha ottenuto il presidente democratico nero con quel nome così allusivo. A proposito, fa un certo effetto riascoltare le affermazioni del grande politico italiano Maurizio Gasparri all'indomani dell'elezione del primo presidente nero della storia americana:
Tecnologie
In questa faccenda si mescolano le tecnologie più moderne con i rimedi più rudimentali: con tutta probabilità l'impulso alla fase finale e cruciale di un'operazione preparata per 4 anni è stato dato da Obama tramite un pizzino, passato con una stretta di mano. D'altronde che anche (e soprattutto) al giorno d'oggi non ci fosse metodo più sicuro per comunicare in tutta sicurezza lo aveva già dimostrato Provenzano.
Certo è vero pure che Obama e il suo staff hanno potuto seguire i 40 minuti del blitz in diretta dalla Casa Bianca grazie alle riprese satellitari e a quelle dei Navys Seals.
Il compound dove Osama Bin Laden viveva non doveva avere contatti con l'esterno: per cui non c'era linea telefonica, e neanche internet; ed esisteva un inceneritore domestico per sbarazzarsi dell'immondizia. Il massimo della tecnologia presente in tutta la struttura, computers e dvd, rappresentano ovviamente il bottino principale dell'operazione Geronimo, dal punto di vista operativo e strategico il probabile vero successo della missione.
Twitter
Da quando senza saperlo il consulente informatico Sohaib Athar ha cominciato a twittare quel che stava succedendo vicino casa sua (inizialmente pensava si trattasse di un raid anomalo e niente più, ancora non sapeva che il suo vicino di casa era Osama Bin Laden - leggi qui tutti i suoi tweet) è iniziata una nuova pagina storica per Twitter, che ha fatto segnare alcuni dei suoi picchi maggiori di sempre quando sui media ha cominciato a circolare la notizia del blitz e dell'uccisione del ricercato numero 1 al mondo. Impressionante soprattutto la media di messaggi al secondo fatti registrare durante le ore serali di domenica 1 maggio, con picchi di più di 5000 messaggi al secondo (anche se va detto che si tratta comunque di numeri inferiori ai record assoluti registrati lo scorso marzo con lo tsunami in Giappone e lo scorso 31 dicembre durante la veglia del capodanno).
(Nel grafico l'andamento dei tweet: sull'ordinata il numero di messaggi al secondo, sull'ascissa le ore serali di domenica scorsa considerate sul fuso orario della costa est degli Stati Uniti)
Sepoltura in mare
Infine non c'è che dire: gli americani hanno portato a termine una delle loro missioni più importanti di sempre. Tuttavia anche stavolta non riescono a non dimostrare un po' di ingenua impreparazione: certo la questione è delicata - una tomba sarebbe divenuto un mausoleo del fondamentalismo, le foto aizzerebbero gli animi dei jihadisti più infervorati - ma comunque non si potranno tirare le somme, non si potrà voltare pagina e guardare avanti finché non sarà risolta tutta la faccenda della Prova con la P maiuscola, del corpo di Osama, della verità sulla presunta sepoltura in mare (un'usanza musulmana??? forse è un'usanza nel Mediterraneo che cadaveri di musulmani popolino le acque dei mari, ma detto questo non risulta essere un'usanza altrove!). L'abilità che dimostreranno gli americani nell'uscire da questo pantano in cui sembra si stiano andando a infilare sarà fondamentale nel salvaguardare il successo del blitz di domenica.
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