Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Chi scrive crede fermamente nel diritto all'autodeterminazione dell'individuo, diritto che lo Stato dovrebbe sempre e comunque tutelare.
Detto questo c'è da rilevare che nel nostro paese questo principio sembra avere validità a intermittenza.
Per esempio viene sospeso quando un malato terminale in piena coscienza chiede una morte dignitosa che ponga fine all'accanimento terapeutico che prolunga artificialmente un'agonia comunque destinata a portarlo alla morte, appellandosi proprio al comma 2 dell'art.32 della Costituzione, ma ponendosi in contrasto con la morale e la dottrina religiosa dominante nel nostro paese.
Lo stesso principio però riacquista valore e viene pedissequamente seguito e applicato quando una testimone di Geova, anch'essa in piena coscienza, rifiuta una trasfusione di sangue che le salverebbe la vita, perché così le viene imposto dalla sua dottrina religiosa, che oltretutto alcuni suoi correligionari si sono più volte premurati di andare in ospedale a rammentarle. E così la donna, pur di non tradire il suo credo, è morta, senza che a nulla siano serviti gli appelli pubblici della figlia, compresa un'istanza alla magistratura respinta per un vizio di forma.
In questo caso la questione è certamente delicata e controversa: è giusto osservare e garantire il diritto all'autodeterminazione anche quando si è di fronte ad una scelta autolesionista e totalmente irrazionale figlia del fanatismo religioso?
Chi crede fermamente in questo diritto in linea di massima dovrebbe rispondere di sì, anche se contemporaneamente potrebbe provare un certo fastidio al pensiero di non potersi vedere garantito il rispetto della propria laica volontà relativa a un fine-vita dignitoso.
Nessun commento:
Posta un commento