(un drone "Predator")
Contro i narcos
Il 15 febbraio il 32enne Jaime Zapata, agente diplomatico dell'ufficio immigrazione statunitense, veniva ucciso con diversi colpi di pistola da alcuni uomini armati mentre l'auto su cui viaggiava si trovava su un autostrada del nord del Messico, in un'area praticamente dominata dai cartelli della droga che si fanno la guerra per il controllo del territorio e dei traffici verso gli Stati Uniti. E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il governo americano ha immediatamente ulteriormente rafforzato la cooperazione con il governo Calderon, molto impegnato ad arginare l'escalation di violenza parallela all'inarrestabile ascesa del potere dei narcos in Messico - anche se con scarsi risultati: in 4 anni le vittime riconducibili alla guerra tra cartelli ammontano a circa 35.000. Uno dei punti qualificanti della nuova intesa è la possibilità che gli USA possano far sorvolare lo spazio aereo messicano dai loro droni, aeromobili a pilotaggio remoto (APR), ovvero sofisticati veicoli aerei senza piloti, automatizzati o più spesso telecomandati, un tempo utilizzati negli addestramenti o tutt'al più come sonde esplorative del campo nemico, ma ora, con i progressi della tecnica, impiegati in una gamma sempre più ampia di missioni. Come scrive La Stampa, in Messico" i droni sono indispensabili per segnalare i movimenti e la forza numerica dei narcos, informazioni che vengono subito comunicate agli agenti sul territorio. Volano a 18000 metri d’altezza, praticamente invisibili da terra, e in un solo giorno possono controllare minuziosamente un’area di circa 100000 chilometri quadrati".
Sopra la centrale
Pochi giorni dopo l'inizio dei voli dei droni americani nello spazio aereo messicano, si è avuta notizia di un nuovo utilizzo civile, nel senso di non bellico, di questi velivoli: il 17 marzo un drone americano Global Hawk decollato e telecomandato dall'isola di Guam ha sorvolato diverse volte la centrale di Fukushima con l'obiettivo di scattare fotografie con i sensori ad infrarossi per decifrare cosa stesse avvenendo ai reattori, senza dover mettere a repentaglio per questo vite umane, cui peraltro in quelle ore il sorvolo della centrale era interdetto.
Usi bellici
Però, detto tutto questo, ovvero fatte salve le grandi potenzialità che questi robots dell'aria possono avere in campo civile o scientifico, è evidente che l'applicazione prioritaria dei droni è in campo militare. Se i primi ad aver usato gli APR per colpire obiettivi nemici sono stati gli americani nel 2002 in Yemen, chi ha investito molto su di loro per la propria sicurezza nazionale sono stati gli israeliani, che per esempio proprio l'altro ieri in risposta ad un lancio di alcuni missili dalla striscia di Gaza verso Israele, hanno eliminato, a sud di Gaza City, tre miliziani palestinesi grazie ad un ordigno sganciato da un drone. Inoltre, sempre per rimanere alla più stretta attualità, le forze armate dello stato ebraico (Tsahal) a febbraio hanno presentato il loro nuovo gioiellino, l'Eitan, un superdrone che può volare ininterrottamente per 24 ore ad un'altitudine di 13.000 metri trasportando ordigni fino a una tonnellata di peso e potendo raggiungere tranquillamente l'Iran.
Judge, jury and executioner
Ma torniamo ai droni statunitensi. Giovedì 17 marzo i missili lanciati durante un raid da alcuni droni Predator hanno colpito alcuni obiettivi di Al-Qaeda in diverse localita' del Waziristan, nel Pakistan nord-occidentale, vicino al confine afghano. I razzi hanno provocato almeno 80 vittime , non certo tutti miliziani di Al-Qaeda o talebani. Come al solito.
Già perché in Pakistan sono molto frequenti le scorribande dei Predators statunitensi, cominciate con la War on Terrorism di Bush e divenute decisamente più frequenti con l'avvento di Obama: il programma della CIA di omicidi mirati (Targeted Killings) ha fino ad oggi comportato un totale di 233 attacchi in poco più di sei anni, con un numero di vittime stimato tra le 1400 e le 2200 (sugli attacchi dei droni in Pakistan esiste anche una voce su wikipedia che sciorina dettagli su tutte le missioni effettuate dal 2004, peraltro localizzate in maggioranza proprio nel Waziristan). Di queste numerose vite umane stroncate da missili lanciati da aerei spesso telecomandati da basi militari nascoste nel deserto americano, molte non sono certo i targets che nel nome della lotta al terrorismo la CIA aveva intenzione di colpire. Si, ma quante? Chiaramente è molto difficile dirlo, ma la New American Foundation di recente ha stimato che dal 2004 a oggi le vittime innocenti dei droni potrebbero ammontare al 25% delle persone uccise. Una su quattro. Meglio comunque del calcolo effettuato nel 2009 dalla Brookings Institution, secondo cui per ogni militante di Al-Qaeda ucciso muoiono ben 10 civili innocenti. Dieci per uno.
E' provato che tali attacchi, perpetrati nel nome della legittima difesa e della lotta al terrorismo, ma così frequenti e così ingiustamente troppo sanguinosi, abbiano fatto ulteriormente montare l'acredine di larga parte di quelle popolazioni contro l'americano, e in definitiva contro l'occidente. Di contro va detto che, come riferisce la BBC, pare che sia proprio grazie a questi attacchi mirati dei droni se Al-Qaeda negli ultimi tempi non se la passa molto bene: la zona del Pakistan al confine con l'Afghanistan, le cosiddette aree tribali di amministrazione federale, è una roccaforte storica dei talebani e dei terroristi di Al Qaeda, una zona importante per il reclutamento e addestramento delle nuove leve della rete terroristica fondamentalista. Ora, distrutte le basi e decapitata l'organizzazione locale, questo serbatoio sta venendo meno. Ma il gioco vale la candela? Lo smantellamento di alcune basi terroristiche vale il risentimento seminato con le vittime innocenti ? Non è che questa morte che piove dal cielo un po' a casaccio possa portare ancora più acqua al mulino di talebani &C.? C'è da chiederselo. Stabilire da una base negli Stati Uniti chi debba essere ucciso, e ucciderlo con un aereo telecomandato non è certo un grande esempio di etica e democrazia. Pare piuttosto un atto di estrema prepotenza, arbitrario, unilaterale, oltreché amplificato dal sangue innocente.
Lo scorso novembre un cittadino pakistano ha denunciato gli Stati Uniti e la CIA per una attacco missilistico effettuato da un drone che ha distrutto la sua casa e in cui sono rimasti uccisi suo figlio e suo fratello. Nessuno nella famiglia del denunciante è (o era) un terrorista. Ma da qualche parte nel Nevada qualcuno aveva deciso di colpirli con bombe sganciate da un robot.
L'operazione Odyssey Dawn (Alba dell'Odissea: ma chi li sceglie sti nomi? cos'è un presagio di una nuova guerra in cui ci impelagheremo per anni?), che peraltro si avvale anche di droni, e che vede impegnata una coalizione occidentale in Libia nel tentativo di spodestare Gheddafi più che di proteggere la popolazione civile, a ben pensarci sembra proprio il volo di un drone: qualcuno, da molto lontano, ha deciso che questo mese il nemico da abbattere in via prioritaria si trova in Libia, l'ha giudicato, l'ha condannato e ora sta eseguendo la sentenza. Senza appello. Senza in quel paese neanche metterci piede. Senza fare troppe distinzioni nel momento di sganciare le bombe. E soprattutto senza una ben identificata testa pensante. Proprio come un predatore senza anima.
(drone americano sopra la centrale di Fukushima 17-03-2011)
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