La pioggia ci è andata giù di brutto. Il Veneto è in ginocchio: i danni provocati dalle inondazioni ad una prima stima ammontano a circa un miliardo di euro; 3000 sono gli sfollati, 121 i comuni colpiti, immense le aree agricole devastate. In Toscana, in provincia di Massa Carrara frane e smottamenti hanno causato 3 morti e ingenti danni. Le piogge hanno provocato alluvioni anche in Calabria e nel Salento. E in questi giorni tra allagamenti e rischi di nuove frane sono tanti i disagi anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Emilia Romagna e Liguria, quest'ultima regione particolarmente colpita dal maltempo quest'autunno.
Insomma per l'ennesima volta si è avuta la sensazione che in Italia, non appena piove un po' più del normale, viene sistematicamente fuori in tutta la sua drammaticità lo stato di dissesto idrogeologico del territorio, flagellato dall'abusivismo edilizio e dall'incuria delle amministrazioni locali e centrali. E quello che ci si aspetta possa succedere solo al Sud succede anche nella parte più ricca del paese, quel Nordest il cui sviluppo economico ha però portato anche ad uno sviluppo urbanistico fuori controllo; ne è l'esempio la devastazione in cui versa ora la provincia di Vicenza, dove tre giorni di pioggia hanno messo in ginocchio un territorio fortemente antropizzato ma abbandonato a se stesso, orfano di opere di tutela del territorio previste da decenni ma mai realizzate, o privato di molti degli interventi di manutenzione necessari.
E più o meno dovunque in Italia si potrebbe dire lo stesso, tanto che regolarmente ogni autunno e ogni primavera qualche pezzo dello stivale viene giù. Tuttavia il tema della prevenzione e della messa in sicurezza del territorio interessa marginalmente l'opinione pubblica (tranne le popolazioni colpite ovviamente), i media e i politici, se non a dramma appena consumato, tranne poi tornare nell'oblio con la stessa velocità con cui è assurto agli onori delle cronache.
Il 13 ottobre, il Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi ha presentato il rapporto Terra & Sviluppo - Decalogo del Territorio 2010 che non fa altro che confermare e quantificare il perenne stato d'emergenza in cui versa il territorio italiano. Dal rapporto emerge che l'89% dei comuni è a rischio idrogeologico. Tutte le regioni sono fortemente interessate, le criticità maggiori si riscontrano in Campania, Calabria e Sicilia, ma anche in Lombardia, Piemonte e Toscana. Sei milioni sono gli italiani che vivono nelle zone a pui elevato rischio; più di un 1.200.000 edifici, di 6000 scuole e di 500 ospedali sono sotto la costante minaccia delle frane o delle alluvioni. L'Italia spende almeno un miliardo di euro l'anno per gli interventi straordinari di ripristino a seguito di esondazioni e frane; nessun'altro in Europa spende così tanto, e siamo tra i primi pure a livello mondiale. E' stato calcolato che dal 1944 al 2009 per le riparazioni e le ricostruzioni a seguito dei danni provocati dal dissesto idrogeologico e dai terremoti in Italia sono stati spesi 213 miliardi di euro (52 miliardi solo per frane e alluvioni). Tra il 1950 ed il 2008 frane e inondazioni hanno ucciso circa 9000 italiani.
Secondo una recente stima del Ministero dell'Ambiente per la messa in sicurezza idrogeologica dell'intero territorio nazionale occorrerebbero 40 miliardi di euro.
Tuttavia a fronte di queste cifre spaventose che aiutano a comprendere l'entità del dissesto del territorio italiano così come l'entità della minaccia idrogeologica o sismica che pende sulle teste di milioni di italiani, si tende sempre a ricostruire, e mai a prevenire. Ed è impressionante la disparità tra le (poche) risorse destinate anno per anno ad opere infrastrutturali di riassetto del territorio e le (ingenti) risorse stanziate per le emergenze una volta che i danni sono stati fatti. Quasi che convenisse più curare, piuttosto che prevenire (mmmmm...)
Tanto che Bertolaso, il quasi pensionato che non ci mancherà, in questi giorni ha sentito l'esigenza di mettere le mani avanti dichiarando in merito all'alluvione in Veneto che "Questa sciagura si poteva evitare se fossero state fatte, non solo qui ma in tutta italia, le opere di messa in sicurezza che noi chiediamo da qualche anno". Che chiediamo noi chi? e a chi?...Domanda legittima, visto che Bertolaso è sottosegretario nell'attuale governo, governo che di certo non sembra fare della messa in sicurezza del territorio una sua priorità. In effetti, come denunciato da una mozione presentata recentemente dai senatori dell'Idv (leggila qui), i già pochi fondi previsti gli anni passati per arginare il rischio idrogeologico sono in fase di forte riduzione. Nell'ultima ventina d' anni sono stati finanziati interventi per la messa in sicurezza del territorio per una media di appena 400 milioni all'anno. Ora però la scure di Tremonti si sta abbattendo anche su questi stanziamenti, indirettamente attraverso il taglio in tre anni del 60% delle risorse a disposizione del Ministero dell'Ambiente, e più direttamente attraverso i vari e cospicui tagli denunciati nella mozione e che attengono in primo luogo al Programma di conservazione dell'assetto idrogeologico; per fare solo un esempio mentre nel 2010 per gli interventi di mitigazione del rischio geologico c’erano risorse - già abbastanza ridicole - per 175 milioni di euro, nel 2011 i fondi destinati a questo scopo ammonteranno a 32,7 milioni di euro, con un taglio dell’81%.
E non è un caso che il diverbio tra il Ministro Tremonti e la collega Prestigiacomo che secondo fonti accreditate è avvenuto durante l'ultimo Consiglio dei ministri del 5 novembre scorso (quindi nel pieno dell'emergenza maltempo) abbia avuto come motivo scatenante proprio uno stanziamento straordinario di un miliardo di euro già approvato da mesi dal Cipe per la difesa del suolo ma non ancora nelle disponibilità del Ministero dell'Ambiente. Di chiunque sia la colpa del mancato sblocco di questi fondi, dal rimpallo di responsabilità tra i due ministri si evince comunque se non la scarsa volontà perlomeno la effettiva incapacità del governo nel dare risposte concrete alla cronica malattia che affligge il territorio italiano, e che per la verità nessun esecutivo ha mai preso seriamente in considerazione di debellare. Come se una ricostruzione, un'emergenza "in deroga", o un ponte sullo Stretto fossero più interessanti...Bah... Di sicuro, come si dice, c'è che piove sul bagnato.
Insomma per l'ennesima volta si è avuta la sensazione che in Italia, non appena piove un po' più del normale, viene sistematicamente fuori in tutta la sua drammaticità lo stato di dissesto idrogeologico del territorio, flagellato dall'abusivismo edilizio e dall'incuria delle amministrazioni locali e centrali. E quello che ci si aspetta possa succedere solo al Sud succede anche nella parte più ricca del paese, quel Nordest il cui sviluppo economico ha però portato anche ad uno sviluppo urbanistico fuori controllo; ne è l'esempio la devastazione in cui versa ora la provincia di Vicenza, dove tre giorni di pioggia hanno messo in ginocchio un territorio fortemente antropizzato ma abbandonato a se stesso, orfano di opere di tutela del territorio previste da decenni ma mai realizzate, o privato di molti degli interventi di manutenzione necessari.
E più o meno dovunque in Italia si potrebbe dire lo stesso, tanto che regolarmente ogni autunno e ogni primavera qualche pezzo dello stivale viene giù. Tuttavia il tema della prevenzione e della messa in sicurezza del territorio interessa marginalmente l'opinione pubblica (tranne le popolazioni colpite ovviamente), i media e i politici, se non a dramma appena consumato, tranne poi tornare nell'oblio con la stessa velocità con cui è assurto agli onori delle cronache.
Il 13 ottobre, il Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi ha presentato il rapporto Terra & Sviluppo - Decalogo del Territorio 2010 che non fa altro che confermare e quantificare il perenne stato d'emergenza in cui versa il territorio italiano. Dal rapporto emerge che l'89% dei comuni è a rischio idrogeologico. Tutte le regioni sono fortemente interessate, le criticità maggiori si riscontrano in Campania, Calabria e Sicilia, ma anche in Lombardia, Piemonte e Toscana. Sei milioni sono gli italiani che vivono nelle zone a pui elevato rischio; più di un 1.200.000 edifici, di 6000 scuole e di 500 ospedali sono sotto la costante minaccia delle frane o delle alluvioni. L'Italia spende almeno un miliardo di euro l'anno per gli interventi straordinari di ripristino a seguito di esondazioni e frane; nessun'altro in Europa spende così tanto, e siamo tra i primi pure a livello mondiale. E' stato calcolato che dal 1944 al 2009 per le riparazioni e le ricostruzioni a seguito dei danni provocati dal dissesto idrogeologico e dai terremoti in Italia sono stati spesi 213 miliardi di euro (52 miliardi solo per frane e alluvioni). Tra il 1950 ed il 2008 frane e inondazioni hanno ucciso circa 9000 italiani.
Secondo una recente stima del Ministero dell'Ambiente per la messa in sicurezza idrogeologica dell'intero territorio nazionale occorrerebbero 40 miliardi di euro.
Tuttavia a fronte di queste cifre spaventose che aiutano a comprendere l'entità del dissesto del territorio italiano così come l'entità della minaccia idrogeologica o sismica che pende sulle teste di milioni di italiani, si tende sempre a ricostruire, e mai a prevenire. Ed è impressionante la disparità tra le (poche) risorse destinate anno per anno ad opere infrastrutturali di riassetto del territorio e le (ingenti) risorse stanziate per le emergenze una volta che i danni sono stati fatti. Quasi che convenisse più curare, piuttosto che prevenire (mmmmm...)
Tanto che Bertolaso, il quasi pensionato che non ci mancherà, in questi giorni ha sentito l'esigenza di mettere le mani avanti dichiarando in merito all'alluvione in Veneto che "Questa sciagura si poteva evitare se fossero state fatte, non solo qui ma in tutta italia, le opere di messa in sicurezza che noi chiediamo da qualche anno". Che chiediamo noi chi? e a chi?...Domanda legittima, visto che Bertolaso è sottosegretario nell'attuale governo, governo che di certo non sembra fare della messa in sicurezza del territorio una sua priorità. In effetti, come denunciato da una mozione presentata recentemente dai senatori dell'Idv (leggila qui), i già pochi fondi previsti gli anni passati per arginare il rischio idrogeologico sono in fase di forte riduzione. Nell'ultima ventina d' anni sono stati finanziati interventi per la messa in sicurezza del territorio per una media di appena 400 milioni all'anno. Ora però la scure di Tremonti si sta abbattendo anche su questi stanziamenti, indirettamente attraverso il taglio in tre anni del 60% delle risorse a disposizione del Ministero dell'Ambiente, e più direttamente attraverso i vari e cospicui tagli denunciati nella mozione e che attengono in primo luogo al Programma di conservazione dell'assetto idrogeologico; per fare solo un esempio mentre nel 2010 per gli interventi di mitigazione del rischio geologico c’erano risorse - già abbastanza ridicole - per 175 milioni di euro, nel 2011 i fondi destinati a questo scopo ammonteranno a 32,7 milioni di euro, con un taglio dell’81%.
E non è un caso che il diverbio tra il Ministro Tremonti e la collega Prestigiacomo che secondo fonti accreditate è avvenuto durante l'ultimo Consiglio dei ministri del 5 novembre scorso (quindi nel pieno dell'emergenza maltempo) abbia avuto come motivo scatenante proprio uno stanziamento straordinario di un miliardo di euro già approvato da mesi dal Cipe per la difesa del suolo ma non ancora nelle disponibilità del Ministero dell'Ambiente. Di chiunque sia la colpa del mancato sblocco di questi fondi, dal rimpallo di responsabilità tra i due ministri si evince comunque se non la scarsa volontà perlomeno la effettiva incapacità del governo nel dare risposte concrete alla cronica malattia che affligge il territorio italiano, e che per la verità nessun esecutivo ha mai preso seriamente in considerazione di debellare. Come se una ricostruzione, un'emergenza "in deroga", o un ponte sullo Stretto fossero più interessanti...Bah... Di sicuro, come si dice, c'è che piove sul bagnato.
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