Se nei paesi anglofoni e germanofoni permane l'antica nomenclatura di origine greca che assegna alle note le prime lettere dell'alfabeto, nella maggior parte dell'Europa continentale si sono affermati i nomi delle note che conosciamo.
Essi si devono a Guido D'Arezzo, monaco benedettino e insegnante di musica vissuto a cavallo dell'anno 1000, che per facilitare l'apprendimento della musica da parte dei cantori suoi alunni prese a utilizzare le prime sillabe dei versi iniziali di Ut Queant Laxis - l'inno liturgico dei vespri di San Giovanni Battista scritto da Paolo Diacono, monaco e poeta longobardo vissuto nell'VIII secolo - poiché, come si evince dal video, ognuno di quei versi comincia con un tono via via più alto, partendo dal "Do".
Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Iohannes
(che per la cronaca sta per: «Affinché possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni i tuoi servi, cancella il peccato del loro labbro contaminato, o san Giovanni »).
E quindi Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La
Inizialmente il settimo grado della scala, la settima nota, la c.d sensibile, non era conosciuta; il "Si" fu introdotto verso la fine del XVI secolo quando si affermò definitivamente la musica tonale. Ma per il suo nome si fece comunque riferimento a Ut Queant Laxis: "Si" sta infatti per le iniziali delle parole del settimo verso: Sancte Iohannes.
"Ut" fu rimpiazzato (tranne che in alcune zone della Francia dove è ancora in uso) da "Do" nel XVII secolo per opera di Giovanni Battista Doni che così chiamò la prima nota, forse da "Dominus", forse dal suo stesso cognome, e il nuovo nome prese velocemente piede perché più dolce e cantabile.
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