Come già si evince dalla tag-cloud qua sopra, il discorso che il Presidente del Consiglio ha tenuto stamattina a Palazzo Madama è parso abbastanza misero e vuoto, vago e privo di qualsiasi indicazione o proposta concreta: per metà ri-elenca nuovamente i presunti successi del governo -concentrandosi quasi esclusivamente sulla stabilità economica scaturita dall'accorta gestione dei conti pubblici - innestandoli chiaramente nel quadro di crisi, emergenze e improbe condizioni in cui questo governo si è trovato a dover agire:
"...un sistema economico e finanziario impegnato in una competizione durissima e in una sfida, finora vincente, contro una costellazione di forze che vorrebbero trascinare il Paese in una spirale di declassamento e di dequalificazione che gli Italiani certo non meritano".
"Un debito (il debito pubblico, ndr) - non dimentichiamocelo mai - ereditato dai Governi del compromesso storico"."Forse si è dimenticato che l'Italia è entrata nella crisi in condizioni assai più difficili di altri Paesi"."Abbiamo capito tempestivamente la portata della crisi" (allora se a noi non c'hanno fatto preoccupare deve essere stato per un senso di protezione materna).
Immancabile la rivendicazione della popolarità del suo esecutivo:
"Non è certo casuale che il sostegno del popolo italiano nei confronti di questo Governo sia di gran lungo il più alto di ogni Governo europeo" ( i più recenti sondaggi danno la quota di italiani che hanno fiducia nel governo al 27%..possibile che gli altri esecutivi europei stiano messi "di gran lunga" peggio?).
Tra l'altro nella lunga parte "economica" del discorso Berlusconi ha trovato anche il tempo per una singolare divagazione sui fondamenti della matematica, sintomo forse di una certa mancanza di sostanza:
"...nel corso di una crisi in cui l'aumento del rapporto debito-PIL era già dettato dalla recessione, cioè dalla diminuzione del denominatore del rapporto; diminuendo il denominatore, il prodotto interno lordo, è chiaro che automaticamente si aumenta il numeratore".
In realtà però alcuni dei successi rivendicati da Berlusconi non si sono ancora concretizzati, come la riforma dell'Università, anche a causa della chiusura temporanea di un ramo del Parlamento voluta dal Premier per evitare rischi in attesa del voto di fiducia di domani. E quindi l'elenco delle vanità, per fare la sua porca figura, necessitava di essere completato da buoni, anzi ottimi propositi. Qui entriamo nell'altra metà del discorso: la proposta di un patto di legislatura rivolto a tutti i moderati, condito appunto dall'elencazione di ciò su cui Berlusconi è disposto ad aprire, ovvero di ciò che è pronto a mettere sul tavolo. Berlusconi manda segnali precisi, ma solo di cosa è disposto a contraccambiare per la fiducia: apre addirittura sulla legge elettorale, ma contemplando la possibilità di modifiche non anche al meccanismo che prevede l'attuale spropositato premio di maggioranza, quanto piuttosto al ripristino del voto di preferenza, almeno così sembra:
"si pone il problema di una modifica della legge elettorale che per noi ha un solo limite invalicabile, la difesa del bipolarismo".
La chicca del giorno però è senz'altro l'introduzione nell'agone politico dell'apertura ad personam, rivolta dal premier al deputato Guzzanti, unico parlamentare del Partito liberale, quando il premier ha detto:
"Su questo punto terremo anche conto dei suggerimenti e delle proposte di tutti, comprese quelle del Partito Liberale in ordine alle privatizzazioni".
Ma a parte questo lampo di concretezza, imprescindibile in una qualsiasi negoziazione, quella dei propositi per il futuro è una lista terribilmente generica e vuota, dove Berlusconi non è capace di dare un orientamento che sia uno, una proposta seria e concreta che sia una, su nessuna delle questioni che evoca: si va da "riprenderemo il dialogo con le parti sociali" a
"vogliamo aprire ai giovani la strada del merito, dello studio e della ricerca, affinché possano competere in Europa sul piano di parità con i Paesi migliori, come hanno riconosciuto molti osservatori".
Insomma se accordo ci deve essere esso si baserà solo sulla condivisione del principio che questo governo non deve cadere. Infine come in ogni discorso di Berlusconi che si rispetti anche stavolta non mancano né alcune uscite da autentica faccia tosta:
"Il mio rispetto per le Camere, che sono espressione libera della sovranità popolare e ad essa rispondono di regola ogni cinque anni, mi impone di aprire queste brevi considerazioni con una franca e leale promessa nell'interesse superiore della democrazia".
"Di fronte alle campagne antiparlamentari in corso, vogliamo dare ancora una volta prova di quella piena responsabilità che il Paese pretende dalle Camere".
....né stravolgimenti della realtà per cui ciò che è oggi in realtà non è oggi ma era tanto tempo fa:
"Ecco perché oggi l'Italia ha bisogno di tutto tranne che di personalismi, tranne che di spirito di fazione, tranne che di logiche di piccolo gruppo e di una stagione in cui, di nuovo, come negli anni tristi di decadenza della Prima Repubblica, si manifesti quella logica di autolesionismo che conduce ineluttabilmente le istituzioni a perdere la fiducia del Paese reale".
La conclusione poi è la più ovvia e scontata: ebbene sì, dopo di Lui c'è solo il diluvio.
"Oggi è in gioco la scelta tra il proseguimento di un progetto di cambiamento e la restaurazione ovvero il ritorno all'indietro, il ritorno a quei vizi tradizionali della politica che sono all'origine dei problemi di cui ora soffre l'Italia".
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