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[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

martedì 26 ottobre 2010

# Sciacallaggio mediatico: è la natura umana, l'italianità o anche qualcos'altro?

Non accenna a scemare l'abominevole spettacolo che sta andando ininterrottamente in onda su tutti i canali dal 6 ottobre scorso, quando la svolta decisiva nel caso della scomparsa di Sarah Scazzi, con l'annuncio in diretta tv del ritrovamento del cadavere della quindicenne, ha segnato anche l'inizio della "mediatizzazione" totale di tutta la vicenda, trasformandola in una telenovela-reality in onda 24 ore al giorno. Non c'è talk show o tg che si sia risparmiato. Lo sciacallaggio mediatico è pressocché totale, non guarda in faccia a nessuno, e porta spesso a esiti assurdi: Vespa col suo nuovo plastico con tanto di macchinine, gente come Barbara D'Urso o Massimo Giletti che improvvisano il loro "giornalismo d'inchiesta" alla continua ricerca di scoop ridicoli ed irrispettosi, testate giornalistiche della tv o della carta stampata che prima puntano il dito contro lo sciacallaggio impietoso e subito dopo danno conto della giornata ad Avetrana con dovizia di particolari, non sempre strettamente necessari. A puttane il rispetto per la vittima. A puttane la privacy, in un paese in cui si discute continuamente di essa (vedasi intercettazioni etc..). A puttane la salvaguardia dei minori, bombardati dai presunti dettagli terribili e scabrosi degli ultimi istanti di vita di Sarah in qualsiasi fascia oraria protetta, in un paese in cui madri proteggono la serenità dei propri figli adolescenti anche denunciando le bagnanti in topless che si mettono la crema protettiva sul seno.
Il tutto pare alimentato da una parte dalla rincorsa all'audience per puri interessi economici (la vendita degli spazi pubblicitari), dall'altra da una morbosità che sembra aver contagiato l'intera nazione. Per l'ennesima volta.
Infatti se nel caso specifico l'invasione televisiva del "delitto di Avetrana" può essere almeno in parte giustificata da una certa predisposizione di alcuni dei suoi protagonisti (membri delle famiglie Scazzi e Misseri hanno fatto loro in primis largo uso del mezzo televisivo), in Italia i casi di cronaca "più appassionanti" (come li definisce l'attuale spot di Quarto Grado, programma di rete4) sono talmente tanti che in pratica l'nformazione non ne rimane mai sprovvista. Chi può aver dimenticato Cogne, Garlasco, Perugia, Erba,...?

In questi casi, di fronte allo sciacallaggio mediatico, si tende sempre a colpevolizzare i giornalisti, cinici e spietati, a volte ridicoli nella loro ricerca spasmodica della notizia. Ma è vero anche che loro fanno il loro lavoro, e se quel tipo di notizia "tira" non è certo colpa loro. E qui sta l'altro aspetto della faccenda: è la massa, ovvero tutti noi, che vuole appassionarsi di delitti, crimini efferati, drammi familiari. Lo dimostrano continuamente i dati auditel sui programmi che se ne occupano.
E lo dimostra anche il macabro fenomeno del "turismo dell'orrore", che sarà pure marginale ma fa comunque riflettere parecchio:




Invece il servizio dell' infallibile iena Enrico Lucci andato in onda mercoledì scorso centra bene il punto della questione generale, e ben rappresenta il cortocircuito tra morbosità della gente comune e cannibalismo giornalistico:




Tuttavia va notato che stavolta, a differenza che in altri simili casi del passato, nel mondo giornalistico ci sono state alcune prese di coscienza sull'esagerata esposizione mediatica della vicenda di Avetrana: ne hanno parlato gli stessi giornali e telegiornali (anche sul blog del tg1, che pur il caso lo ha trattato e continua a trattarlo parecchio, è stata avviata una discussione sul perché il "dramma di Sarah" è così seguito), mentre ieri Mario Calabresi, direttore de "La Stampa", in un editoriale dal titolo "Il rispetto del lenzuolo bianco" ha spiegato perché ha preferito distruggere e non pubblicare i nastri, di cui il giornale era chissà come venuto in possesso, con gli audio degli interrogatori di Michele e Sabrina Misseri.

Tuttavia la vera questione rimane capire perché certi casi di cronaca nera vengano seguiti così tanto dagli italiani.

C'è sicuramente una componente umana universale: dovunque, in qualsiasi parte del mondo, alcuni delitti, alcuni casi di cronaca colpiscono e interessano particolarmente l'opinione pubblica ben più di altre notizie. Probabilmente entrano in gioco genuini sentimenti di compassione, la paura, la rabbia, il risentimento, fattori di immedesimazione che aumentano il senso di insicurezza e fanno sì che ci sentiamo tutti coinvolti, ed anche la curiosità un po' voyeuristica e un po' morbosa di fronte a storie che ci colpiscono per la loro efferatezza.
In Italia però l'attenzione dei media (e di conseguenza dell'opinione pubblica) per molti casi di cronaca, in particolar modo per quelli intra mura domestiche o maturati comunque in contesti familiari, amicali, o di vicinato, sembra sempre attestarsi su livelli straordinari, superiori alla media, quasi ci fosse un'inclinazione degli italiani ad appassionarsi ad essi. Ma perchè?
L'11 ottobre Ilvo Diamanti ha scritto su Repubblica:

È il voyeurismo che contrassegna una società locale e localista. Questo Paese di paesi e di compaesani (come lo definisce Paolo Segatti), dove la tv contribuisce a perpetuare l'immagine della "comunità".[...]Questa attrazione per il "crimine" costituisce, appunto, uno specifico italiano. Una "passione" che ha radici lontane: nella letteratura, nel teatro, nel cinema. (A cui, non per caso, l'Università Sorbonne Nouvelle - Paris 3, la prossima settimana, dedicherà un seminario). Il "fatto criminale", in Italia, sui media non è guardato come "esemplare" rispetto ai problemi della società e delle istituzioni. Ma come "caso in sé". "Singolare". Il che ci fa sentire coinvolti eppure distaccati. Noi: detective, magistrati, giurati. E, in fondo, vittime e assassini.

Ma forse c'è anche un'altra spiegazione, visto che da noi il seguito e l'importanza che l'opinione pubblica dà a certe notizie sembrano avere anche una natura esogena, come se fossero almeno parzialmente indotti. A tal proposito, parlano chiaro i dati dell'Osservatorio Europeo sulla Sicurezza relativi alla presenza delle notizie di cronaca nei due principali tg nazionali rispetto agli altri principali notiziari di tv pubbliche europee. Se per esempio nei primi dieci mesi del 2010 alla cronaca il tg1 ha dedicato l'11% delle notizie presentate nelle edizioni di prima serata, la Bbc ne ha dedicato l'8%, la Tve spagnola e France 2 circa il 4%, la tedesca Ard il 2%. E questo anche se in Italia il tasso di crimini è leggermente minore che negli altri paesi. Il punto probabilmente è che da noi molti fatti di cronaca subiscono un vero e proprio processo di serializzazione e drammatizzazione, e per mesi, se non per anni, i media seguono casi cui la gente finisce per "affezionarsi".

Il terzo rapporto sulla Sicurezza in Italia, pubblicato lo scorso febbraio e realizzato da Demos in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia mostra chiaramente come la sovraesposizione nei telegiornali di alcune notizie di cronaca sia ingiustificata, e contribuisca ad ingenerare insicurezza nella popolazione, togliendo peraltro spazio ad altre notizie.

Nel trend complessivo rappresentato dal grafico (che prende in considerazione il periodo gennaio 2005-dicembre 2009), è ben evidente come l'andamento del numero totale di notizie sui reati trattate dai tg nostrani (linea rossa) non sia in correlazione con l'andamento dei reati denunciati (linea azzurra), mentre invece influenza la percezione dei cittadini (linea gialla, che segue con un leggero ritardo l'andamento della linea rossa).

Per quel che riguarda i singoli notiziari, lo studio evidenzia anche come negli ultimi anni in Rai sia stato soprattutto il tg1 a dedicare sempre più spazio alle notizie di cronaca, mentre il tg3 è stato quello che vi ha dedicato meno tempo; in Mediaset è il tg4 a dare minor peso alle notizie sui reati, mentre è in crescita l'attenzione del tg5 e di Studio aperto.

Questo trend dei telegiornali già in passato ha dato adito a polemiche sull'uso strumentale-politico che alcuni di essi farebbero delle notizie di cronaca. Per esempio c'è chi ha notato che negli ultimi anni il picco di notizie di cronaca ha coinciso con il periodo antecedente le elezioni politiche dell'aprile 2008, sospettando che la sovraesposizione mediatica di fatti violenti abbia potuto ingenerare una maggior paura nella popolazione, favorendo i partiti politici che del tema della sicurezza fanno un loro cavallo di battaglia. D'altronde già in precedenza c'era chi aveva notato che durante il biennio dell'ultimo governo Prodi i tg avevano raddoppiato rispetto agli anni precedenti lo spazio dedicato alla cronaca nera, potendo provocare lo stesso meccanismo. E poi, chiaramente, c'è sempre il sospetto che l'invasione di notizie di cronaca possa far comodo per riempire i notiziari e per omettere notizie scomode, le vere notizie.

Insomma, alla luce di tutto quanto detto, è molto facile che certi casi di cronaca possano toccare nel profondo e quindi coinvolgere i sentimenti e l'attenzione di molti italiani, così come è molto facile che un tg (o una rete televisiva) non molto imparziale possa fare un uso strumentale di tali notizie, alimentando a sua volta l'interesse dell'opinione pubblica in un perverso circolo vizioso. Ed è molto facile che ciò stia accadendo anche adesso. Per cui...sveglia!

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