"[…] le caratteristiche negative del popolo etrusco e della sua esperienza storica: l'esasperato particolarismo, le rivalità interne, il frammentarismo e la discontinuità delle imprese...che si tradussero in una sostanziale e generale incapacità di creare un patrimonio autonomo e unitario di idee e di programmi e che resero impossibili propositi di largo respiro e durevoli risultati.
Si aggiunga il tenace conservatorismo, riscontrabile in tutte le principali espressioni della civiltà e della vita (dai costumi alla lingua, dalle manifestazioni artistiche alle credenze religiose, dall'organizzazione sociale agli usi funerari), e si capirà perché la prodigiosa spinta creatrice che aveva portato alla precoce fioritura finì presto con l'esaurirsi […] condannando l'esperienza etrusca a ridursi prima nei termini della dimensione e della storia locali e ad estinguersi poi, rapidamente, sopraffatta da esperienze nuove e senza confronto più vive e vitali".
Questo passo tratto dal noto libro “Gli Etruschi” del professor Romolo A. Staccioli, dipinge alcuni tratti distintivi (in negativo) del popolo etrusco, la più importante realtà italica dell'epoca pre-romana, ma è stupefacente quanto si adatti perfettamente anche a quel che accade nella penisola italiana ai giorni nostri. Non abbiamo via di scampo dai corsi e ricorsi storici? Oppure è semplicemente arrivata l'ora di emanciparci?
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