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[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

lunedì 5 settembre 2011

# 18 miliardi di occasioni perse


Nel più completo marasma di questi giorni, che dalle stanze del governo sta contagiando le piazze di mezza Italia, le stanze della Confindustria, e i mercati finanziari internazionali, è finalmente giunta l'ora di mettere qualche punto fermo.
Ecco alcuni dei provvedimenti immediatamente realizzabili e a costo zero che questo governo non farà mai con questa manovra.

3 miliardi di euro potrebbero essere annualmente introitati dallo Stato grazie ad una Carbon tax come si deve, ovvero grazie ad una significativa tassazione delle emissioni di Co2, che, nei paesi civilizzati in cui è stata introdotta garantisce importanti gettiti fiscali e stimola il comparto industriale ad abbandonare i combustibili fossili e a guardare alle fonti rinnovabili per il proprio approvvigionamento energetico. La Carbon tax, descrive l'Economist, è "un modo semplice, elegante ed economicamente efficiente per ridurre i consumi di energia e dare impulso a tutte le alternative al petrolio", una tassa che renderebbe "manifesto ai consumatori il vero costo dell'energia". Secondo la proposta dai radicali, per garantire un gettito annuo di 3 miliardi di euro occorrerebbe tassare ogni tonnellata di CO2 emessa a 13 euro.

Lo Stato potrebbe guadagnare fino a 2 miliardi di euro se, come sta accadendo per le telecomunicazioni, fosse una normale asta competitiva ad assegnare alle televisioni sei pregiate frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre, ovvero dalla digitalizzazione-compressione dei segnali televisivi, invece che un beauty contest da cui lo stato non guadagnerà un euro. Per l'esattezza l'asta fra i colossi della telefonia (Tim, Vodafone, Wind etc...) per accaparrarsi le frequenze liberate e destinate alla prossima rete 4G per i servizi di telefonia multimediale alla fine dovrebbe fruttare non meno di 3 miliardi di euro. Invece per quel che riguarda le tv, per volere dell'Agcom e del governo, si è deciso che si sarebbe proceduto al beauty contest, ovvero ad una concessione gratuita delle frequenze semplicemente in base al possesso di particolari requisiti da parte dei soggetti aggiudicatari. Un regalo bello e buono ai soliti noti (Mediaset, ma anche Rai e Sky, per quanto penalizzata), a scapito peraltro della possibilità di partecipazione di nuovi o più piccoli operatori. Oggi in commissione Bilancio del Senato è stato respinto un emendamento del Pd con cui si sarebbe potuto ovviare a questo scandalo, prevedendo anche per le frequenze destinate alle tv un'asta competitiva.

Circa 3 miliardi poi sarebbero potuti arrivare dall'abolizione di buona parte degli ingiusti privilegi di cui godono il Vaticano e la Cei, per gentile concessione dello Stato italiano e di tutto il suo popolo. Ad un miliardo e mezzo ammonta la somma di tutte le detrazioni ed esenzioni fiscali di cui godono i numerosissimi immobili di proprietà di enti religiosi (leggi: Chiesa cattolica),anche se utilizzati per finalità commerciali. A questa cifre vanno aggiunte altre centinaia di milioni di euro che lo Stato potrebbe introitare annualmente se fosse abolita l'esenzione del 50% dell'Ires per gli enti di assistenza sociale e con fini di beneficenza ed istruzione, anche quando questi svolgono in parte attività commerciale.
Peraltro, a margine, per una questione di correttezza verso i cittadini ed anche verso le altre confessioni religiose presenti nel nostro paese, andrebbe effettuata una netta revisione del meccanismo-imbroglio dell'8 per mille, che prevede la ripartizione delle quote non espresse in sede di dichiarazione di redditi a favore della confessione più popolare nel nostro paese, così che per esempio nel 2011 a fronte di meno del 35% dei contribuenti che ha indicato la Cei come destinataria dell’otto per mille, quest'ultima grazie alla ripartizione delle quote non destinate ha ricevuto circa l'85% dell’otto per mille totale (più di 1 miliardo e 100 milioni di euro, un introito di cinque volte più grande di quello di una ventina di anni fa).
Le esenzioni fiscali e la prevaricazione legalizzata dell'8 per mille non sono solo norme tafazziane contro gli stessi interessi dello Stato italiano e degli italiani, ma sono anche privilegi ingiusti e assolutamente non degni della Chiesa cattolica, come ci tengono a far sapere le stesse comunità cristiane di base, d'accordo con l'abolizione delle esenzioni Ici e Ires e contrari all'attuale meccanismo distributivo dell'8 per mille.
Inoltre ci sarebbero i circa 800 milioni di euro che lo Stato spende ogni anno per gli stipendi dei più di 25 mila insegnanti di religione cattolica delle scuole pubbliche, gli unici a non essere scelti sulla base di graduatorie di Stato, ma di fatto assunti in ogni diocesi dal vescovo locale, anche se poi sono a carico dello Stato italiano.

Infine, come è noto, ben 7 miliardi si potrebbero risparmiare ogni anno grazie all'innalzamento dell' età pensionabile, adeguandoci semplicemente all'evidenza demografica e a quanto avviene nel resto d'Europa, e fino a 2,3 miliardi per la liberalizzazione dell’età massima lavorativa.

Va da sè che una parte dei circa 18 miliardi così risparmiati avrebbero potuto (dovuto!!) essere immediatamente re-investiti in alcuni mirati settori strategici in grado di ingenerare sviluppo, occupazione, maggiore produttività e in definitiva crescita del Pil.
Per esempio occorrerebbe investire nel potenziamento della banda larga (la cui penetrazione nel nostro paese attualmente è al di sotto del 22%, mentre la media europea è del 26,6%): come sottolinea LaVoce.info al momento sono scomparsi i famosi 800 milioni promessi da Romani dopo la mobilitazione della rete dello scorso autunno, ad ennesima riprova della grave miopia di questo esecutivo. Scrive LaVoce circal’effetto “moltiplicatore” che gli investimenti nella fibra ottica e nelle reti di nuova generazione potrebbero generare sulla crescita del nostro paese:
"Pantelis Koutrompis mostra che 0,24 punti percentuali della crescita dei paesi europei, su un tasso medio pari a i 2,64 punti percentuali per il periodo 2002-2007, possono essere attribuiti agli effetti diretti e indiretti legati agli investimenti in larga banda.Più in generale, gli investimenti in infrastrutture di nuova generazione contribuiscono a circa il 10,5 per cento della crescita di un paese".
Poi si dovrebbe investire non tanto sulle rinnovabili tout court quanto piuttosto sullo stimolo ad una più generale riconversione energetica "diffusa" del tessuto produttivo così come delle abitudini e degli stili di vita di tutti quanti, come sta avvenendo in Germania, il paese più industrializzato e più energivoro d'Europa, che prima degli altri ha fiutato in che direzione sta andando il futuro.
Infine, come già ricordato in questo blog, occorrerebbe investire e soprattutto credere di più nel potenziale della cultura, che nel nostro paese vuol dire soprattutto turismo: è un dato di fatto che ovunque ogni euro investito in cultura renda più di un euro investito nel settore manufatturiero, figurarsi nel nostro paese,che però sottoutilizza l'economia turistica e il settore culturale creativo, cui peraltro vengono destinate sempre meno risorse (sono diminuite del 40% nell'ultimo decennio, incredibile ma vero).

Ecco, tutto qua, il sogno finisce qui.

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