In Veneto - una regione che dal 1950 ha visto crescere la sua superficie urbanizzata del 324% , a fronte di una crescita della popolazione del 32% - mentre ancora si cercava di quantificare il miliardo di euro di danni dell'alluvione che lo scorso novembre ha devastato i terreni troppo antropizzati di centinaia di comuni del vicentino, del veronese e del padovano, e mentre Zaia ancora piangeva e rivendicava i primi 300 milioni necessari per far fronte all'emergenza, il consiglio regionale sotto l'egida del leghista approvava, con 36 presenti su 60 e con l'astensione del Pd, una norma che consente la ristrutturazione e il cambiamento di destinazione d'uso degli edifici costruiti su terreno agricolo con la possibilità di ampliamento fino a 800 metri cubi. Insomma è stato dato il via libera a condomini e palazzine in loco di ruderi di 30 mq, con tanti saluti all'agricoltura (di cui pure il buon Zaia si occupava fino a poco tempo fa) e a quel che resta del paesaggio - tanto che trema anche Cortina. Come se non bastasse in questa lodevole iniziativa rientra anche una sospetta variante al piano regolatore per rendere edificabili a Montebello vicentino gli 80.000 mq di terreno agricolo di proprietà del senatore leghista Alberto Filippi, che ringrazia: volendo ci si potrà costruire un centro commerciale, e pazienza se questa decisione della giunta ha causato l'ennesima frizione tra la Lega e il Pdl veneto.
In Campania nel piano casa approvato lo scorso dicembre è prevista un'ampia possibilità di incremento di cubature, dietro la quale si nasconde una inevitabile sanatoria dei precedenti vari abusi edilizi. Inoltre sono abrogate tutte le procedure di pianificazione territoriale in attesa del nuovo regolamento previsto non prima di sei mesi, il che potrebbe significare mesi di anarchia in campo edilizio; in più il 5 gennaio il Popolo della libertà campano ha votato un emendamento alla legge del 2003 che vietava nuove costruzioni alle pendici del Vesuvio: così ora saranno possibili nuovi interventi edilizi in quella "zona rossa" già devastata dall'abusivismo e a grande rischio sismico e vulcanico. Ancora: nel decreto milleproroghe approvato a dicembre dal Consiglio dei Ministri, per iniziativa di 17 senatori del centrodestra, è stato inserito un emendamento che da la possibilità di presentare fino al 31 dicembre 2011 una domanda di sanatoria per gli abusi edilizi, il che di fatto blocca le demolizioni in Campania fino a quella data. Insomma sono stati assestati una bella serie di colpi ad una regione già devastata, visto che nell'ultimo decennio vi sono spuntate in media 16 case abusive al giorno.
Nel Lazio intanto la giunta Polverini, dopo aver mandato abbondanti segnali sulla linea ben poco ecologista e rispettosa del territorio che intende seguire (segnali che già ad agosto non sfuggivano a L'interessante), si appresta a varare il piano casa regionale, che dovrebbe essere approvato verso fine febbraio, o ai primi di marzo: tra le altre cose la nuova legge prevederà la liberalizzazione degli interventi in zona agricola, e la possibilità di cospicui ampliamenti anche per i condomini di volumetria maggiore ai mille metri cubi e per i capannoni industriali (leggi qui i punti principali della bozza di legge). Per la maggioranza che lo promuove questo piano casa rappresenta una seria risposta alla crisi dell'edilizia e per la ripresa dell'economia del Lazio. Anche se in realtà viene un po' di tristezza a pensare che le sorti della regione della Capitale possano risollevarsi solo grazie a nuove ingenti colate di cemento.
A proposito di Roma, un recente studio di Legambiente ha rivelato che sarebbero ben 17 milioni di metri cubi (come se Roma si annettesse Salerno) l'ammontare di cemento che colerebbe sulla capitale se venissero attuate tutte le delibere approvate e le proposte dei primi 1000 giorni di Alemanno sindaco: dall' housing sociale, alla demolizione e ricostruzione di Tor Bella Monaca, dalla costruzione dei due stadi per Roma e Lazio, alla (ora tramontata) possibilità di ospitare un Gran Premio di Formula 1, dalla valorizzazione delle caserme dismesse da Ministero della Difesa, alla nuova destinazione d'uso dell'area dell'ex-velodromo. Tutte iniziative che sostanzialmente dovrebbero, o avrebbero dovuto, rappresentare un enorme regalo a privati e costruttori.
Nell'altra metropoli italiana, a Milano, invece ormai si costruisce direttamente anche fin sopra le discariche di rifiuti speciali, e, almeno finora, l'Expo 2015 non sembra che un pretesto per una nuova gigantesca colata di cemento su Milano, complici le lotte intestine tra le lobbies rappresentate da Formigoni da una parte e Moratti dall'altra. Ma d'altronde il destino del territorio della Lombardia sembra già segnato da tempo: la regione ha visto ogni giorno, dal 1999 al 2007, costruire un'area equivalente sei volte a Piazza Duomo.
Ma una certa attenzione verso i costruttori, cui si accompagna la criminale noncuranza verso il territorio, non è certo appannaggio di una sola parte politica, per quanto i vari governi Berlusconi si possano fregiare del merito di aver sempre fornito, tra un condono e un piano casa, un "cappello" legislativo nazionale per le malefatte delle varie amministrazioni locali. Per esempio in Liguria la giunta di centrosinistra guidata da Claudio Burlando (Pd) ha da poco approvato un piano casa che per decenza, o per i distinguo sorti all'epoca anche in seno allo stesso Pd, o semplicemente perché c'erano le elezioni, 10 mesi fa era stato ritirato in fretta e furia. Ora, a consenso ri-acquisito, è stato rispolverato e approvato in maniera definitiva: tra le altre cose prevede ampliamenti volumetrici fino ad un massimo del 35% non solo per ruderi o edifici pericolanti ma per tutti i tipi di immobile, compresi quelli condonati per abusi (e quindi si finisce anche qui per premiare chi non ha rispettato le norme urbanistiche) e compresi i manufatti industriali e artigianali - leggasi capannoni, per i quali l'ampiamento può voler dire chissà quanti metri cubi in più. Inoltre si prevede che chi demolisce un edificio e lo ricostruisce potrà chiedere il cambio di destinazione d’uso. Burlando non ha dubbi: sono norme a favore delle attività produttive, ma il sospetto è che si tratti di trucchetti per fare i soliti regali ai privati (specie quelli sulle riviere) e per permettere la trasformazione di ex-complessi industriali dismessi in aree residenziali.
Secondo gli studi in mano ai Verdi e compiuti da esperti dell’Università Sapienza di Roma, in Liguria le nuove norme porterebbero circa 45 milioni di nuovi metri cubi di cemento. Per il presidente della federazione dei Verdi Angelo Bonelli il piano della giunta di centrosinistra di Claudio Burlando “è molto peggio di quello sardo di Ugo Cappellacci”. “È il piano più cementizio d’Italia”, aveva invece a suo tempo attaccato Roberto Della Seta (Pd), accusando la “lobby del cemento” interna al suo partito.
Insomma questi esempi recenti confermano che quello del bieco sfruttamento del territorio in nome di interessi economici privati è un vero e proprio atteggiamento generale, e difatti i numeri parlano chiaro: negli ultimi 15 anni circa tre milioni di ettari, un tempo agricoli, sono stati asfaltati e/o cementificati. Detto in un altro modo: la superficie cementificata, tra il 1995 e il 2009 (periodo nel quale sono state costruite 4 milioni di abitazioni), ammonta a 21mila e 500 chilometri quadrati di suolo, un'area corrispondente per estensione ai territori della Valle d’Aosta, del Friuli Venezia Giulia e dell’Abruzzo messi assieme.
Inoltre questo suolo sottratto all'agricoltura e al verde e che quindi non può più produrre ricchezza e benessere, spesso viene anche letteralmente sprecato, viste le migliaia di capannoni vuoti, edifici dismessi e case sfitte presenti sul nostro territorio. Esso, bene comune di tutta la nazione, viene così sfruttato a vantaggio di pochi singoli, devastandolo e rendendolo inservibile alla comunità, mentre andrebbe non solo monetizzato a favore di tutti, ma anche messo in grado di contribuire alla qualità della vita di tutti i cittadini, o perlomeno messo nelle condizioni di non costituire un ulteriore elemento di rischio per la salute e sicurezza pubblica.
In Italia il dissesto idrogeologico in 60 anni, tra eventi sismici, meterologici e alluvionali ha fatto 9000 vittime: l’82% dei Comuni italiani è a elevato rischio idrogeologico, come è stato ribadito durante il II Forum nazionale dei geologi italiani, tenutosi un paio di settimane fa a Firenze. Nell'occasione è stata anche fatta una stima del fabbisogno per la messa in sicurezza dei territori a rischio idrogeologico: circa 40 miliardi di euro. Ma in Italia più che spendere per prevenire, si spende per curare: ogni anno almeno un miliardo di euro va via per gli interventi straordinari di ripristino a seguito di esondazioni e frane; nessun'altro in Europa spende così tanto, e siamo tra i primi pure a livello mondiale. E' stato calcolato che dal 1944 al 2009 per le riparazioni e le ricostruzioni a seguito dei danni provocati dal dissesto idrogeologico e dai terremoti in Italia sono stati spesi 213 miliardi di euro (52 miliardi solo per frane e alluvioni). Assurdo, se si pensa poi che proprio la cementificazione selvaggia così tanto stimolata dalla politica finisce per amplificare gli effetti disastrosi degli eventi naturali.
Negli ultimi anni poi, oltre alla proliferazione di centri commerciali, di zone industriali, quartieri periferici, quartieri residenziali di campagna, è emersa anche una nuova modalità di devastazione sistematica del territorio, per certi versi paradossale (per altri invece perfettamente comprensibile nel nostro paese): la capillare diffusione di impianti fotovoltaici ed eolici, propiziata almeno finora da incentivi vantaggiosi e da crescenti interessi speculativi di multinazionali e imprenditori senza scrupoli nel settore delle rinnovabili, sottrae migliaia di ettari all'agricoltura nel nome di una sensibilità ecologica di pura facciata , senza contare i danni al paesaggio che in un paese a forte vocazione turistica come il nostro fanno elevare il costo complessivo in senso lato di questi impianti ben al di sopra dei benefici. Degli scandali legati all'eolico sentiamo parlare tutti i giorni sui giornali. Ma, anche se passa sotto silenzio, è soprattutto la massiccia diffusione di impianti fotovoltaici messi a terra a causare danni irreversibili a terreni agricoli che si inaridiscono per poi impermeabilizzarsi (soil sealing), tanto che questa modalità di installazione di impianti fotovoltaici è da anni vietata in Germania, a favore di impianti sui tetti, sulle fabbriche, ai lati delle autostrade, mentre da noi solo la Toscana ha di recente approvato una legge regionale che vieta l'installazione d'impianti fotovoltaici a terra, legge che però è già contestata da diverse fazioni politiche. In sostanza anche con le rinnovabili si sta compromettendo per sempre un bene comune vitale come è il territorio.
Anche contro tali dinamiche perverse che minacciano seriamente l'integrità di ecosistemi e paesaggi, la qualità del nostro patrimonio artistico e culturale, la sopravvivenza dell'agricoltura e le peculiarità di ciascun territorio italiano, due anni fa è nato "Stop al consumo di territorio" un movimento di opinione per la difesa del diritto al territorio non cementificato, che nell'ottica di un destino alternativo ancora possibile, agisce, ragiona, sensibilizza e racconta le storie di buone pratiche o di comunità locali che si ribellano ai continui sfregi perpetrati al loro territorio, e in definitiva, alla nostra qualità della vita.
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