Ieri il comitato esecutivo del Bureau International Des Expositions (BIE) ha autorizzato la registrazione di Expo 2015 all'Assemblea generale del prossimo 23 novembre, il che significa che ora è certo che l'esposizione universale del 2015 si svolgerà a Milano, con grande soddisfazione del sindaco di Milano Letizia Moratti e del governatore della Lombardia Roberto Formigoni. Per il governo si è espresso il Vice Ministro alle Infrastrutture con delega per l'Expo Roberto Castelli:
"Possiamo ora dire che l'Expo 2015 a Milano si fara'. Sono contento che la classe dirigente lombarda abbia avuto uno scatto d'orgoglio, perche' il fallimento dell'operazione sarebbe stato il fallimento di tutti. Non dimentichiamo i continui attacchi che vengono fatti a Milano e al suo territorio, non ultimi il tentativo di trasferire il Gran Premio di Formula 1 da Monza a Roma e la volonta' dei romani di usufruire gratis delle autostrade, al contrario di quanto fanno i milanesi. Se il Bie avesse tolto l'assegnazione sarebbe stato un disastro per la credibilita' dei dirigenti lombardi". (da Asca)
Quello che colpisce di questa dichiarazione - a parte il solito nauseabondo attacco a Roma ladrona, che meriterebbe un commento a parte ma che lascia sottendere l'alta levatura morale di chi a livello governativo sta coordinando questa importante occasione di sviluppo capitata non a Milano ma all'Italia intera in un così difficile momento di crisi - è il sollievo che Castelli esprime nei confronti della credibilità dei dirigenti lombardi, che dopo la decisione del BIE sarebbe salva e integra.
In realtà non pare esserci molto di cui andar fieri: se c'erano dei dubbi circa quanto avrebbe deciso il BIE oggi, questi erano legati alla mera questione della disponibilità delle aree su cui sorgeranno le strutture e i padiglioni dell'esposizione milanese: difatti 6 dei 155 paesi che aderiscono al BIE (Germania, Francia, Danimarca, Finlandia, Canada e Giappone) hanno richiesto dei chiarimenti proprio in merito a questo primo passaggio, chiarimenti che sono arrivati a Parigi in extremis. Perché in extremis a Milano è stato raggiunto l'accordo con i privati che possiedono i terreni in questione (Fondazione Fiera e gruppo Cabassi): non è di più di 5 giorni fa la decisione che il milione di metri quadrati alla periferia Nord Ovest di Milano saranno concessi all'Expo in comodato d'uso con diritto di superficie, e 18 mesi dopo la fine dell'Expo, quando tutta l'area si sarà un bel po' rivalutata visti i miliardi di euro di investimenti in infrastrutture che vi saranno piovuti, i proprietari vi potranno costruire su circa metà della superficie oltre 400mila metri quadrati di nuove case, uffici e negozi, mentre l'altra metà resterà pubblica. Per cui già si parla di grande regalo ai privati, concesso dalla Moratti e dal governo, incapaci in più di 900 giorni di sbloccare un'impasse che non più tardi di venti giorni fa sembrava ancora ben lungi dall'essere superata, soprattutto per via dello scontro di potere interno al Pdl lombardo e culminato in scontro istituzionale che ha visto uno contro l'altro Letizia Moratti (rappresentante con il potente Bruno Ermolli dell'ala laica dell' ex-Forza Italia milanese) e Roberto Formigoni. Il primo cittadino facendo gli interessi dei privati, il governatore cercando di dare agli organi regionali (e quindi a CL) il controllo dell'Expo, entrambi finendo per rendere chiaro a tutti quanto sia grande ed ingombrante tutto il nugolo di appetiti affaristici e speculativi che gira attorno all'Expo (leggi qui un resoconto da Repubblica).
"Possiamo ora dire che l'Expo 2015 a Milano si fara'. Sono contento che la classe dirigente lombarda abbia avuto uno scatto d'orgoglio, perche' il fallimento dell'operazione sarebbe stato il fallimento di tutti. Non dimentichiamo i continui attacchi che vengono fatti a Milano e al suo territorio, non ultimi il tentativo di trasferire il Gran Premio di Formula 1 da Monza a Roma e la volonta' dei romani di usufruire gratis delle autostrade, al contrario di quanto fanno i milanesi. Se il Bie avesse tolto l'assegnazione sarebbe stato un disastro per la credibilita' dei dirigenti lombardi". (da Asca)
Quello che colpisce di questa dichiarazione - a parte il solito nauseabondo attacco a Roma ladrona, che meriterebbe un commento a parte ma che lascia sottendere l'alta levatura morale di chi a livello governativo sta coordinando questa importante occasione di sviluppo capitata non a Milano ma all'Italia intera in un così difficile momento di crisi - è il sollievo che Castelli esprime nei confronti della credibilità dei dirigenti lombardi, che dopo la decisione del BIE sarebbe salva e integra.
In realtà non pare esserci molto di cui andar fieri: se c'erano dei dubbi circa quanto avrebbe deciso il BIE oggi, questi erano legati alla mera questione della disponibilità delle aree su cui sorgeranno le strutture e i padiglioni dell'esposizione milanese: difatti 6 dei 155 paesi che aderiscono al BIE (Germania, Francia, Danimarca, Finlandia, Canada e Giappone) hanno richiesto dei chiarimenti proprio in merito a questo primo passaggio, chiarimenti che sono arrivati a Parigi in extremis. Perché in extremis a Milano è stato raggiunto l'accordo con i privati che possiedono i terreni in questione (Fondazione Fiera e gruppo Cabassi): non è di più di 5 giorni fa la decisione che il milione di metri quadrati alla periferia Nord Ovest di Milano saranno concessi all'Expo in comodato d'uso con diritto di superficie, e 18 mesi dopo la fine dell'Expo, quando tutta l'area si sarà un bel po' rivalutata visti i miliardi di euro di investimenti in infrastrutture che vi saranno piovuti, i proprietari vi potranno costruire su circa metà della superficie oltre 400mila metri quadrati di nuove case, uffici e negozi, mentre l'altra metà resterà pubblica. Per cui già si parla di grande regalo ai privati, concesso dalla Moratti e dal governo, incapaci in più di 900 giorni di sbloccare un'impasse che non più tardi di venti giorni fa sembrava ancora ben lungi dall'essere superata, soprattutto per via dello scontro di potere interno al Pdl lombardo e culminato in scontro istituzionale che ha visto uno contro l'altro Letizia Moratti (rappresentante con il potente Bruno Ermolli dell'ala laica dell' ex-Forza Italia milanese) e Roberto Formigoni. Il primo cittadino facendo gli interessi dei privati, il governatore cercando di dare agli organi regionali (e quindi a CL) il controllo dell'Expo, entrambi finendo per rendere chiaro a tutti quanto sia grande ed ingombrante tutto il nugolo di appetiti affaristici e speculativi che gira attorno all'Expo (leggi qui un resoconto da Repubblica).
Ma la storia di quanto accaduto da quel 31 marzo 2008 in cui l'Expo 2015 fu assegnato a Milano tra la soddisfazione bipartisan (perché l'impegno era stato bipartisan: non si sarebbe ottenuta l'assegnazione senza il grande lavoro diplomatico fatto dall'allora Governo Prodi) è ricca di altri esempi di come la classe dirigente lombarda abbia fatto di tutto per non intaccare la propria credibilità.
Anzitutto va ricordato che un anno intero è stato buttato per l'istituzione e l'avvio dell'operatività della società che deve gestire l'Expo: troppi interessi e, sin da subito, troppi conflitti d'interessi.
Il primo ad essere nominato amministratore unico fu nella primavera 2008 Paolo Glisenti, braccio destro della Moratti che però rassegnò le dimissioni meno di un anno dopo, lasciando contestualmente tutti gli incarichi che lo legavano al comune di Milano. Poco dopo le dimissioni Glisenti avrebbe confessato il motivo di questa sua decisione:
"Mi è stato chiesto se ero disposto ad accettare per tre-quattro posizioni chiave alcuni candidati segnalati dalla politica. Ho risposto che non avevo pregiudiziali, a patto che la scelta avvenisse in base al curriculum. Mi è stato detto di no. A quel punto, ho incontrato il sindaco e le ho fatto presente che erano venute meno le condizioni del modello organizzativo che avevamo scelto".
A Glisenti è succeduto poi l'ex Ministro Lucio Stanca, che nell'aprile 2009 è stato nominato Ad e vicepresidente della Società di gestione Milano Expo 2015 (SoGe) che intanto, dal dicembre 2008, era divenuta una s.p.a. Stanca si dimetterà nel giugno 2010 per "dissensi col consiglio d'amministrazione". Dei 14 mesi di Stanca alla guida del cda della SoGe non si ricorda molto, se non i suoi lauti compensi, vista anche la sua doppia poltrona (è deputato: nonostante la nomina per l'Expo non ha mai mollato lo scranno a Montecitorio), la sua fissazione per dare alla SoGe una sede di rappresentanza degna, che a suo avviso non poteva che essere a Palazzo Reale, nonostante l'esoso affitto, e l'assunzione della giornalista romana Alessandra Borghese per la consulenza per le iniziative culturali e i rapporti istituzionali con il Vaticano (??), per il modico compenso di 150 mila euro all'anno.
Ora, da fine giugno è alla guida della SoGe Giuseppe Sala, che ha assicurato che prenderà meno del suo predecessore, e che ha promesso più operatività dei suoi predecessori....non proprio una scommmessona..
Nel frattempo, mentre erano tutti impegnati a gestire la società di gestione, qualcuno ha cominciato a sospettare che la malavita organizzata, forte della sua ormai massiccia presenza nella capitale del Nord, potesse essere pericolosamente attratta dal giro di affari dell'Expo, ovvero da quei quasi 16 miliardi di euro che dovrebbero essere stanziati per l'organizzazione e la realizzazione dell'evento (4 miliardi circa) e per la realizzazione di infrastrutture urbane e extraurbane ex-novo quali due linee metropolitane, due autostrade, nuove tangenziali, ferrovie e stazioni (11,5 miliardi circa).
Uno dei primi allarmi lo aveva lanciato il giudice Guido Salvini, che già nel giugno 2008 paventava il rischio che la 'ndrangheta potesse mettere le mani sugli appalti dell'Expo, e che per questo aveva criticato la scelta del sindaco Moratti di bocciare la proposta, che all'epoca aveva fatto l'opposizione in comune, di creare una locale commissione per vigilare sulle infiltrazioni delle organizzazioni criminali in vista dell'evento.
A marzo 2009 era stato il magistrato palermitano Antonio Ingroia a sospettare che da parte degli amministratori lombardi ci potesse essere sottovalutazione "rispetto all' espansione degli interessi finanziari mafiosi che stanno infiltrando ampi settori".
L'allarme lanciato da Ingroia aveva scatenato le ire di Castelli e Formigoni: "Parole offensive e sconcertanti" ,"Se Ingroia sa qualcosa faccia nomi e cognomi", "Nessuno in Lombardia sottovaluta il fenomeno della mafia e della ' ndrangheta"...
Però che Ingroia non avesse tutti i torti lo si è capito 15 mesi e mezzo dopo, a luglio 2010, quando la maxi-inchiesta coordinata dal procuratore Giuseppe Pignatone e dall'aggiunto milanese Ilda Boccassini ha documentato l'effettiva e massiccia infiltrazione della 'ndrangheta nelle imprese del Nord, portando a quasi trecento arresti tra intere famiglie della 'ndrangheta, insospettabili imprenditori, politici e funzionari anche del Nord, oltre 160 aziende inquisite per mafia, il sequestro di immobili, terreni, conti bancari e quote societarie, oltre ad armi e droga, per centinaia di milioni di euro in Italia e all'estero, dalla Lombardia alla Calabria, fino in Canada (da L'Espresso). Tantissime le attività illecite emerse: voti pilotati (vedi il caso dei voti delle "famiglie" incanalati a favore del fedelissimo di Berlusconi Giancarlo Abelli), corruzione, vere e proprie "Opa" su società e imprese a colpi di usura ed estorsioni, e per quel che riguarda l'Expo una strategia infallibile, ovvero l'acquisizione tramite prestanome di grosse imprese che avrebbero partecipato agli appalti. Insomma non proprio quisquiglie.
Però che Ingroia non avesse tutti i torti lo si è capito 15 mesi e mezzo dopo, a luglio 2010, quando la maxi-inchiesta coordinata dal procuratore Giuseppe Pignatone e dall'aggiunto milanese Ilda Boccassini ha documentato l'effettiva e massiccia infiltrazione della 'ndrangheta nelle imprese del Nord, portando a quasi trecento arresti tra intere famiglie della 'ndrangheta, insospettabili imprenditori, politici e funzionari anche del Nord, oltre 160 aziende inquisite per mafia, il sequestro di immobili, terreni, conti bancari e quote societarie, oltre ad armi e droga, per centinaia di milioni di euro in Italia e all'estero, dalla Lombardia alla Calabria, fino in Canada (da L'Espresso). Tantissime le attività illecite emerse: voti pilotati (vedi il caso dei voti delle "famiglie" incanalati a favore del fedelissimo di Berlusconi Giancarlo Abelli), corruzione, vere e proprie "Opa" su società e imprese a colpi di usura ed estorsioni, e per quel che riguarda l'Expo una strategia infallibile, ovvero l'acquisizione tramite prestanome di grosse imprese che avrebbero partecipato agli appalti. Insomma non proprio quisquiglie.
Tra l'impossibilità di venire a capo della questione dei terreni, le infiltrazioni mafiose, le infinite difficoltà gestionali e organizzative, i bisticci tra enti locali su chi si debba pappare la fetta più grossa, le difficoltà finanziarie anche alla luce della ferrea disciplina imposta da Tremonti (e dei tagli agli enti locali che hanno penalizzato in primis la Lombardia), ad un certo punto, alla fine di quest'estate, tanto è sembrato un miraggio il buon esito di Milano Expo 2015, che prima il viceministro con delega all'Expo Castelli ha sentito l'esigenza di parlare di ridimensionamento del progetto, e poi è anche clamorosamente tornata in ballo Smirne, che per vie non ufficiali ha reso nota la sua disponibilità a subentrare a Milano accollandosi tutti gli oneri e gli onori dell'organizzazione dell'esposizione universale.
Poi però, con la prospettiva del buon esito della trattativa sui terreni dell'Expo, le cose si sono almeno all'apparenza sistemate. E così in tutta tranquillità lunedì 18 ottobre, il giorno prima dell'"esame" al Bie, è partita per l'Expo Shangai 2010 la prima di due delegazioni che in tutto porteranno in missione in Cina 14 consiglieri comunali di Milano (compresi due indagati di cui uno già condannato in primo grado per truffa e abuso d'ufficio, che poi sarebbe il vicepresidente del consiglio comunale e il capodelegazione a Shangai), che precederanno di qualche giorno l'arrivo delle delegazioni della Giunta, del Sindaco, della Provincia e della Regione che saranno anch'esse nella città cinese insieme al Presidente Napolitano per la chiusura di questa edizione dell'Expo. Dovesse mancare qualcuno.
L'ultima polemica, e forse la più emblematica, riguarda le due ordinanze (la n.3900 e la n.3901) pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale il 16 ottobre 2010 e con cui il Presidente del Consiglio ha deciso di rinnovare ed ampliare i poteri straordinari, compreso l’ampio bacino di deroghe, che la Moratti aveva e avrà per gestire Expo e dare il via alle numerose opere pubbliche in città. Il tutto secondo quella logica perversa dei "Grandi Eventi" che ben conosciamo e che fa sì che l'ordinario diventi straordinario, emergenza, con tutto il corollario che ne consegue in termini di deroghe alla trasparenza, di procedure semplificate, di processi decisionali poco limpidi, di corruzione diffusa, di impunità e anarchia garantite alle imprese vincitrici degli appalti.
Ma per fortuna la credibilità della classe dirigente lombarda è salva.
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