.

[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

venerdì 25 febbraio 2011

# I peracottari della politica estera





C'è da intervenire urgentemente in Libia per fermare un intollerabile bagno di sangue, per il quale il mondo intero, e l'occidente in particolare, fino ad ora sono sembrati essere troppo indifferenti, rispetto ad altre crisi dove in passato più rapidamente e più convintamente si è deciso di intervenire.
C'è da seguire le transizioni democratiche in corso in Tunisia ed Egitto e quella che si prospetta in Libia.
C'è da valutare la reale portata del rischio di una crescita del potere e dell' influenza del fondamentalismo islamico, che in quei paesi i regimi spodestati o sul punto di esserlo sono nel bene e nel male riusciti fino ad oggi a contenere.
C'è da prefigurare e calibrare con attenzione il nuovo assetto che uscirà da questa fase storica, e prevedere le possibili ripercussioni che essa avrà sullo scacchiere mediorentale, con Israele per esempio che potrebbe risentire del cambio di guida in Egitto, senza dimenticare peraltro che le rivolte hanno attecchito anche altrove, dal Barhain allo Yemen, ad altri paesi del continente africano, come in Gabon e a Gibuti, e che il referendum che ha sancito la secessione del Sudan del Sud dal resto del paese potrebbe avere un effetto domino in altri paesi africani dove le divisioni etniche sono molto nette, proprio come in Libia.
Ci sono masse di giovani, la principale componente demografica dei paesi maghrebini, che con la stessa forza con cui hanno rovesciato regimi che parevano eterni ora pretendono un futuro migliore.
Ci sono delle domande che l'occidente ora deve porsi, e delle responsabilità che deve assumersi: Ben Ali, Mubarak e Gheddafi, pur con tempistiche e modalità diverse, hanno finito tutti per essere sostenuti dall'Europa e dagli Stati Uniti, che hanno avallato dittature più o meno celate ma in grado di contenere la deriva fondamentalista islamica, e di essere partner economici e strategici in fondo malleabili ed affidabili (Gheddafi compreso, almeno nell'ultimo decennio).
Ci sono i problemi relativi allo stop di forniture di metano e sopratutti di petrolio, con la conseguente instabilità sui mercati finanziari internazionali. Specialmente in Libia poi ci sono da proteggere gli interessi di grandi imprese italiane impegnate in grosse commesse.
Ci sono - certo che ci sono, basta considerarle nella giusta misura - le potenziali conseguenze che l'instabilità politica in Tunisia,Libia ed Egitto potrebbe provocare nei flussi migratori verso le nostre coste.
C'è da prendere atto del ruolo centrale che internet (anche e soprattutto attraverso la blogosfera, twitter e facebook) ha avuto nel sensibilizzare le masse di giovani egiziani, tunisini e libici, accelerando presso di loro il processo di maturazione e presa di coscienza dei principi e dei valori della democrazia, fino a farli scendere in strada: c'è insomma da statuire in qualche modo che la libertà della rete è una ricchezza che va difesa e garantita sempre e ovunque.
C'è soprattutto un'Europa assente, che dopo aver fallito nel processo di avvicinamento e cooperazione con la sponda sud del Mediterraneo, si trova ora a dover pagare le conseguenze delle sue lacune e delle sue divisioni in merito all'impegno in quell'area. E si trova ad affrontare turbolenze così vicine e dalla grande portata storica in un momento in cui ha smarrito la capacità e soprattutto la volontà di pensare e agire unita sulla scena internazionale: per esempio nei giorni della rivolta egiziana, a fronte della latitanza di una netta e unitaria posizione europea, sono state invece numerose le dichiarazioni e le prese di posizione dei singoli stati membri. Una pessima prova, e l'emblema di questa debolezza e inconsistenza esterna dell'Ue non può che essere il suo Alto rappresentante per la politica estera, la baronessa britannica Catherine Ashton, frutto di una nomina di basso profilo che già a suo tempo (era il novembre del 2009) fu vista per quello che era, ovvero il risultato perfetto del gioco al ribasso portato avanti per non scontentare nessuna cancelleria gelosa della propria autonomia in politica estera.
Non migliore è la figura che l'Europa sta facendo in questi giorni di fronte alla feroce violenza delle milizie del Rais: tentennamenti, spaccature, litigi a priori e ancora nessun intervento concreto.

Proprio in uno scenario del genere, il paese europeo più vicino (geograficamente e storicamente) e quindi più interessato agli sconvolgimenti che in pochi giorni hanno rivoltato i lunghi regimi di Ben Ali e Mubarak e che ora sembrano aver compromesso il quarantennale regno di Gheddafi, dovrebbe essere quello più interessato e il più impegnato a ritagliarsi un ruolo di interlocutore credibile e mediatore affidabile tra Europa e Maghreb, non solo per mettere rapidamente fine alla carneficina in corso in Libia, non solo in nome del proprio prestigio internazionale, ma anche e soprattutto per partecipare nell'assicurare il compimento delle transizioni democratiche appena avviatesi, al fine di garantire stabilità politica e sociale in tutta l'area, in definitiva proprio per proteggere i proprio interessi economici e la propria sicurezza. L'Italia non sta facendo nulla di tutto questo, incapace com'è non solo di assumere un ruolo di guida e portavoce a livello europeo così come sarebbe naturale, ma anche soltanto di avere una voce credibile ed autorevole in merito a quanto sta accadendo e alla posizione che l'Europa dovrebbe assumere.
Andando oltre ai personalismi - deprecabili, deprecati e di cui si è già detto tutto - con cui Berlusconi persegue la politica estera italiana e che hanno creato le basi per le discutibili e contrastanti prese di posizione di Frattini, rimane infatti la pochezza e la miopia del complesso del governo italiano, che, al di là di qualche tardiva quanto sterile presa di posizione, continua a dimostrare di non saper cogliere alcuno degli elementi sopracitati che stanno segnando quest'epoca di eventi storici per il sud del Mediterraneo. Non solo limitando tutto ad un potenziale problema di flussi migratori, come è stato puntualmente fatto man a mano che quei popoli insorgevano (vedi i titoli sopra), ma soprattutto dimostrando che in fin dei conti, tolta la questione degli sbarchi sulle nostre coste, all'Italia di quel che succede in Nord Africa interessa assai poco: sarà pure non vero, ma che idea si possono mai fare i nostri alleati, cui chiediamo ascolto e aiuto, se in questi giorni il premier invece di dettare un'agenda politica in sintonia con quel che accade a poche centinaia di km dai nostri confini, magari mettendosi a disposizione proprio alla luce del suo rapporto privilegiato col colonnello libico, magari per dissuaderlo dal perseverare nella cieca e barbara repressione, si occupa invece esclusivamente delle sue vicende giudiziarie e di come affrontarle attraverso il suo potere politico?
Un altro colpo di grazia all'immagine del nostro paese poi è arrivato stamattina, quando si è avuta l'ennesima riprova che l'esigua maggioranza di cui gode in parlamento questo governo non garantisce affatto che questo riesca ad essere all'altezza dei compiti che è chiamato ad assolvere: il Ministro della Difesa La Russa, per partecipare al voto di fiducia alla Camera sul decreto milleproroghe, non ha partecipato ad un vertice Nato urgente che si è tenuto a Budapest sulla situazione in Libia, facendosi rappresentare niente di più che dall'ambasciatore italiano in loco (neanche un sottosegretario?? E che ci stanno a fare?).
Va specificato peraltro che oggi l'assenza di LaRussa non sarebbe neanche stata decisiva ai fini del raggiungimento della fiducia.
Il Maghreb è in fiamme, ma qui ne usciamo a pezzi noi, e c'è da giurarci che siamo solo all'inizio.

Nessun commento:

Posta un commento