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[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

lunedì 29 novembre 2010

VERSUS Wikileaks e il mondo che cambia vs la pochezza assoluta delle dichiarazioni dei politici italiani

La lenta diffusione da parte di Wikileaks dell'immensa mole di 251.287 "cablogrammi", ovvero dispacci riservati, della diplomazia americana (ma non solo: stanno per uscire rivelazioni anche su banche e grandi aziende del settore energetico) ha e avrà delle importanti implicazioni che si possono provare a riassumere in tre punti.

1) Se sono tutte da chiarire e da scoprire le modalità di acquisizione con cui Assange e i suoi sono entrati in possesso dei documenti confidenziali, è invece già appurato che grazie alla modalità di diffusione delle migliaia di files riservati, raccolti da Wikileaks e divulgate anche attraverso la collaborazione di 5 siti di grandi giornali internazionali (New York Times, The Guardian, Spiegel, El Pais, Le Monde), dopo ieri il mondo dell'informazione non sarà più lo stesso. Difatti l'aver messo per la prima volta a disposizione del singolo utente migliaia di files potenzialmente destabilizzanti direttamente consultabili su internet (che poi era l'unico modo, vista la enorme quantità di documenti e informazioni) sta creando un precedente che sconvolgerà i rapporti di forza tra i vari canali dell'informazione, come ha scritto Massimo Razzi su Repubblica. Internet da ieri è definitivamente assurta a principale veicolo dei flussi di notizie a scapito di tv e carta stampata, resi in un sol colpo obsoleti e inadatti a raccontare una quantità di informazioni tale che solo in internet poteva essere reperita e solo in internet poteva poi essere divulgata; e se sparisce il tradizionale ruolo dei media tradizionali di intermediazione e "traduzione" delle notizie per il grande pubblico, significa che quest'ultimo non è più una massa indistinta e amorfa ma la somma di individualità, ognuna delle quali può partecipare attivamente al reperimento e alla ricerca di (e tra le) informazioni, e quindi a evidenziare e a "fare" la notizia.

2) Entrando nel merito dei contenuti di quello che viene pubblicato, a tenere banco per il momento sono soprattutto il tipo di informazioni e di giudizi che il Dipartimento di Stato richiede e ottiene dai funzionari delle ambasciate Usa sparse nel mondo sui protagonisti della scena politica dei vari paesi, alleati e non; d'altronde nel mirino di Assange c'è proprio il "regime" statunitense, incarnato ora dalla Presidenza Obama, rea a suo dire di adoperarsi contro la libertà di stampa, e quindi meritevole di essere attaccata e denudata. Ed effettivamente già adesso si puo dire che Wikileaks è riuscita nel suo intento: anche se non è certo una novità che la diplomazia è l'arte dell'ottenere la sostanza attraverso la forma, e quindi solo una facciata dietro la quale si proteggono interessi reali e nazionali sulla base di reali contingenze e pragmatico cinismo, l'intera diplomazia americana è comunque alla berlina, tra i forti imbarazzi con gli alleati, i crescenti fastidi "interni" che la questione sta creando ad un Obama già abbastanza inguaiato di questi tempi, e la figuraccia per le enormi debolezze mostrate dall'apparato diplomatico della più grande potenza militare del pianeta, ridicolizzata da un po' di hackeraggio. Simon Jenkins sull'Huffington Post lo dice chiaramente: di tutta questa storia a far preoccupare non deve essere il comportamento di Wikileaks o delle cinque testate internazionali che stanno pubblicando le rivelazioni, che anzi hanno effettuato un lavoro meticoloso e certosino nel verificare l'attendibilità e nel cancellare nomi e fonti da ognuno dei documenti, quanto piuttosto quello dell'intera struttura che dipende dal Dipartimento di Stato americano, incapace di altrettanto virtuosismo e quindi incapace di prendere le necessarie precauzioni a difesa del proprio sistema informativo e informatico, finendo per mettere a repentaglio le relazioni internazionali (e la sicurezza?) statunitensi. Il contrario esatto di quello che il dipartimento guidato da Hillary Clinton dovrebbe fare. A proposito della ex-first lady, che è inguaiata per aver chiesto la raccolta di dati sensibili anche su alti funzionari dei vertici delle Nazioni Unite, ma che è già passata al contrattacco (seppure non si sa quanto efficacemente), occorrerà aspettare ancora qualche giorno prima di sapere se alle pubblicazioni di Wikileaks seguiranno reali conseguenze sul piano politico americano, magari con qualche modifica nella composizione del gabinetto del Presidente, o nei rapporti di forza tra la Presidenza e un Congresso diventato a maggioranza repubblicana dopo le elezioni di mid-term.

3) E allo stato attuale non è neanche dato sapere se e quali reazioni ci saranno da parte dei numerosi paesi implicati, non tanto sul piano delle relazioni bilaterali con gli Stati Uniti, e nemmeno per i più o meno imbarazzanti (ma quasi tutti già noti) dettagli emersi sulle personalità di vari leader mondiali, quanto piuttosto per aspetti ben più delicati ed esplosivi che possono venire alla luce in relazione ad alcuni attori in scenari caldi e complicati, come il Medio oriente - da Israele al Pakistan - o l'Asia centrale così ricca di materie prime e sotto l'influenza di quella Russia definita "mafiosa", o le Coree. Per fare solo uno tra le decine di esempi di files pubblicati finora che possono andare a toccare nervi scoperti, si pensi ai documenti che rivelano le preoccupazioni e le ostilità nei confronti dell'Iran di Ahmadinejad non solo da parte di Israele, ma anche da parte di alcune leadership del mondo arabo come quelle egiziana, saudita e giordana. E siamo solo all'inizio, chissà che altro uscirà.
Se le verità disvelate da Assange e soci avranno conseguenze reali, oltre a qualche testa che cadrà al Dipartimento di Stato o nelle ambasciate americane, ci scommettiamo che purtroppo quel che potrebbe accadere potrebbe essere proprio la destabilizzazione di aree caratterizzate da fragili equilibri, tensioni mai sopite e pericolose sovrapposizioni di interessi strategici di varia natura. Prettamente in ciò risiede la pericolosità di questa operazione di Wikileaks.

Tenendo a mente che questi probabilmente sono i punti cardine di tutta la questione, diventano ancor più grotteschi e micragnosi i commenti e le immancabili dichiarazioni dei politici italiani, i quali nella quasi totalità, o per mera incapacità di lettura, o per l'impossibilità genetica di guardare altrove dal proprio ombelico, o per un gigantesca coda di paglia, o per tutti e tre i motivi insieme, hanno piegato e derubricato la questione della diffusione dei cablogrammi diplomatici a mera questione interna, dimostrando ancora una volta di non saper proprio cogliere la portata di quel che sta accadendo. Dalla maggioranza si sono levati inconsulte e spropositate urla di dolore: per esempio Frattini, il Ministro degli esteri più interno che c'è, prima ha parlato di strategie dirette a colpire l’immagine dell’Italia sulla scena internazionale, poi ha assunto una prospettiva più generale ma lo ha fatto rincarando la dose: "Vogliono distruggere il mondo". Il Ministro della difesa La Russa ha bollato il tutto come gossip scadente; Capezzone ha parlato di maoisti digitali, e Gianni Letta ha deprecato i costumi della vita politica di oggi (...azz che coraggio). L'opposizione non ha fatto di meglio, limitandosi a chiedere nuovamente e con la stessa convinzione di un robot in avaria le dimissioni di Berlusconi, anche se bisognerebbe chiedere a Pd e Idv cosa è che noi (e il mondo intero) sappiamo oggi che non sapevamo ieri. Tuttavia l'incarnazione migliore del tenore e della levatura dei commenti politici italiani al caso Wikileaks non può che essere proprio lui, il Premier, più volte tirato in ballo dai cablogrammi sia per i suoi comportamenti privati sia per le sospette (e non certo ben viste) relazioni privilegiate con Putin e Gheddafi.

Ebbene il grande statista, casualmente in Libia (ma stavolta almeno c'era il vertice Ue-Africa), di primo acchito ha riso, ma poi si è adirato, e ha affermato nell'ordine: di non partecipare a festini selvaggi, che si tratta solo di chiacchiere di funzionari di quarto grado, che tra l'altro riportano solo quanto scrivono i giornali di sinistra, e che ci sono ragazze pagate per mentire.
Ecco, questa è la traduzione in italiano di quanto sta accadendo. Grazie.

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