E' strano quando succede che un eroe di quando eri bambino o ragazzino a distanza di tanti anni riesca ancora a vestire i panni di un tuo beniamino, ma per motivi completamente diversi. Ma può capitare. Per i casi della vita; a volte per le sfortune della vita. A Michael J. Fox nel 1991, all'età di trent'anni, pochi mesi dopo l'uscita del terzo capitolo della saga di Ritorno al Futuro, fu diagnosticato il morbo di Parkinson, la malattia degenerativa che colpisce le cellule della parte del sistema nervoso centrale che controlla i movimenti corporei. Da quel momento le sue apparizioni cinematografiche si sono per forza di cose rarefatte, fino al quasi ritiro totale dalle scene nel 2000 (con la sola eccezione di una piccola apparizione nel film “Interstate 60” del 2002).
Come capita spesso, la malattia ha trasformato Michael, che nel momento in cui scoprì di essere affetto dal morbo stava conoscendo quanto di meglio la vita può offrire, quando si è baciati dalla fama e dal successo. Una volta conosciuta la malattia, e con essa il suo destino, l'attore, per niente arrendevole, ha deciso di impegnarsi in favore di una maggiore informazione in merito alla malattia (fattori di rischio, possibilità terapeutiche), e soprattutto a favore della raccolta di fondi per la ricerca, che specialmente nel campo delle cellule staminali può offrire una valida speranza alle tante persone affette dal Parkinson (200.000 solo in Italia, ogni anno i nuovi casi da noi sono tra gli 8 e i 12 mila). Al giorno d'oggi non esiste una cura per guarire dal morbo; esistono solo farmaci in grado di bloccarne temporaneamente i sintomi. L'obiettivo della ricerca sulle staminali in questo campo è quello della sostituzione delle cellule nervose degenerate tramite cellule nuove originate dalle cellule staminali. Purtroppo i progressi della ricerca su questo tipo di cellule sono rallentati da problemi pratici - le sperimentazioni in vitro o su animali sono molto promettenti, non altrettanto finora i tentativi di applicazione sugli esseri umani - e da questioni etiche, data la natura delle staminali.
Michael J. Fox così nel 2000 diede vita alla fondazione “The Michael J. Fox Foundation for Parkinson's Research” , che in dieci anni ha raccolto più di 175 milioni di dollari per la ricerca. Il suo impegno gli è valso il 5 marzo scorso il conferimento di una laurea honoris causa da parte del Karolinska Institutet, l'organizzazione svedese che ogni anno decide l'assegnazione del Nobel per la medicina.
Nel 2009 è uscito un libro, diventato poi anche una campagna informativa, sull'impegno di Michael J. Fox e della sua fondazione, dal titolo “Always Looking Up: The Adventures of an incurable optimist”. In questa come in altre occasioni Michael, nel nome della sua battaglia per dare una speranza a tutti i malati di Parkinson, mette in primo piano e sotto i riflettori il suo stesso corpo che tribola.
A Marty McFly si poteva dire tutto, tranne mettere in dubbio il suo coraggio “Nessuno, nessuno può chiamarmi fifone”. Oggi nessuno può dubitare del coraggio di Michael J. Fox, un inguaribile ottimista anche grazie alla speranza riposta sulle cellule staminali, ed un uomo saggio, che sa stare con i piedi per terra. Una volta in tv ha detto: "Your happiness grows in direct proportion to your acceptance and in inverse proportion to your expectations". Che altro aggiungere..
Come capita spesso, la malattia ha trasformato Michael, che nel momento in cui scoprì di essere affetto dal morbo stava conoscendo quanto di meglio la vita può offrire, quando si è baciati dalla fama e dal successo. Una volta conosciuta la malattia, e con essa il suo destino, l'attore, per niente arrendevole, ha deciso di impegnarsi in favore di una maggiore informazione in merito alla malattia (fattori di rischio, possibilità terapeutiche), e soprattutto a favore della raccolta di fondi per la ricerca, che specialmente nel campo delle cellule staminali può offrire una valida speranza alle tante persone affette dal Parkinson (200.000 solo in Italia, ogni anno i nuovi casi da noi sono tra gli 8 e i 12 mila). Al giorno d'oggi non esiste una cura per guarire dal morbo; esistono solo farmaci in grado di bloccarne temporaneamente i sintomi. L'obiettivo della ricerca sulle staminali in questo campo è quello della sostituzione delle cellule nervose degenerate tramite cellule nuove originate dalle cellule staminali. Purtroppo i progressi della ricerca su questo tipo di cellule sono rallentati da problemi pratici - le sperimentazioni in vitro o su animali sono molto promettenti, non altrettanto finora i tentativi di applicazione sugli esseri umani - e da questioni etiche, data la natura delle staminali.
Michael J. Fox così nel 2000 diede vita alla fondazione “The Michael J. Fox Foundation for Parkinson's Research” , che in dieci anni ha raccolto più di 175 milioni di dollari per la ricerca. Il suo impegno gli è valso il 5 marzo scorso il conferimento di una laurea honoris causa da parte del Karolinska Institutet, l'organizzazione svedese che ogni anno decide l'assegnazione del Nobel per la medicina.
Nel 2009 è uscito un libro, diventato poi anche una campagna informativa, sull'impegno di Michael J. Fox e della sua fondazione, dal titolo “Always Looking Up: The Adventures of an incurable optimist”. In questa come in altre occasioni Michael, nel nome della sua battaglia per dare una speranza a tutti i malati di Parkinson, mette in primo piano e sotto i riflettori il suo stesso corpo che tribola.
A Marty McFly si poteva dire tutto, tranne mettere in dubbio il suo coraggio “Nessuno, nessuno può chiamarmi fifone”. Oggi nessuno può dubitare del coraggio di Michael J. Fox, un inguaribile ottimista anche grazie alla speranza riposta sulle cellule staminali, ed un uomo saggio, che sa stare con i piedi per terra. Una volta in tv ha detto: "Your happiness grows in direct proportion to your acceptance and in inverse proportion to your expectations". Che altro aggiungere..
Nessun commento:
Posta un commento