Nel bel mezzo dell'oceano Pacifico settentrionale galleggia un'isola grande quattro volte l'Italia. Si tratta della più grande discarica del pianeta, formata da milioni di tonnellate di rifiuti non biodegradabili (plastica) provenienti principalmente da Cina, Giappone e Stati Uniti (ma sostanzialmente da tutto il mondo) che le correnti del Pacifico, a causa di roteazioni a spirale, hanno pian piano radunato in una stessa area. L'immagine realizzata da Greenpeace evidenzia bene questo gioco di correnti - i puntini gialli sono i rifiuti.
Il Pacific Garbage Patch, come l'”isola” viene spesso chiamata, rappresenta ovviamente una gravissima minaccia per l'ambiente marino: non solo è un pericolo per tante specie animali a rischio avvelenamento – si calcola che ogni anno oltre un milione di uccelli ed animali marini muoiono per aver ingerito rifiuti o per esserci rimasti intrappolati - ma rappresenta anche un danno di per sé già irrimediabile, dato che la plastica non si biodegrada ma si smembra in piccoli pezzi che resteranno per sempre nelle acque, e nella sabbia delle spiagge. Le chiazze di spazzzatura poi possono spostarsi fino ad invadere le coste. Inoltre l'enorme ammasso di mondezza, non distinguibile dai satelliti perché non sempre tutti i rifiuti galleggiano in superficie, è anche un serio pericolo per la navigazione.
Una soluzione? Impossibile rimuovere tutti quei rifiuti, sia perché si tratterebbe di un'impresa improba, sia perché prelevandoli insieme ad acqua e plancton si altererebbe pesantemente l'ecosistema marino. L'unica via percorribile sarebbe quella di uno sforzo globale per interrompere la costante crescita di questa come di altre “isole” di spazzatura, attraverso un maggior rispetto di tutti verso l'ambiente marino, e, a monte, attraverso una riduzione dei rifiuti prodotti (meno sprechi, riutilizzo, raccolta differenziata e riciclo). Insomma attraverso comportamenti che bisognerebbe assumere per civiltà e buon senso a prescindere dal Pacific Garbage Patch. Si tratta in sostanza di divenire consumatori consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni e delle nostre scelte. Il problema è che responsabile e consapevole devi esserlo tu, ma anche la casalinga di San Francisco, il pescatore di Yokohama, il portuale di Shangai... Ma proprio per questo è fondamentale che sia tu a cominciare.
Una soluzione? Impossibile rimuovere tutti quei rifiuti, sia perché si tratterebbe di un'impresa improba, sia perché prelevandoli insieme ad acqua e plancton si altererebbe pesantemente l'ecosistema marino. L'unica via percorribile sarebbe quella di uno sforzo globale per interrompere la costante crescita di questa come di altre “isole” di spazzatura, attraverso un maggior rispetto di tutti verso l'ambiente marino, e, a monte, attraverso una riduzione dei rifiuti prodotti (meno sprechi, riutilizzo, raccolta differenziata e riciclo). Insomma attraverso comportamenti che bisognerebbe assumere per civiltà e buon senso a prescindere dal Pacific Garbage Patch. Si tratta in sostanza di divenire consumatori consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni e delle nostre scelte. Il problema è che responsabile e consapevole devi esserlo tu, ma anche la casalinga di San Francisco, il pescatore di Yokohama, il portuale di Shangai... Ma proprio per questo è fondamentale che sia tu a cominciare.
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