In Italia la notizia del referendum con il quale il popolo svizzero ha deciso di non voler più altri minareti sul proprio territorio ha immediatamente rinvigorito la mai sopita polemica sui simboli religiosi, con la Lega che ha colto la palla al balzo e ha rilanciato con la proposta-provocazione del crocifisso sulla bandiera tricolore. E' passato invece un po' in secondo piano l'esito dell'altro referendum per cui domenica i cittadini elvetici sono andati a votare, e volto a vietare nel paese l'export di armi, tema su cui tra l'altro si erano già espressi due volte negli anni passati: con il quesito si è chiesto loro se volessero che il paese promuovesse gli sforzi internazionali per il disarmo e il controllo degli armamenti, anche attraverso lo stop alle esportazioni e al transito del materiale bellico in Svizzera. Nel 2008 questa voce dell'export ha fruttato poco meno di 500 milioni di euro, lo 0,33% delle esportazioni complessive del paese elvetico, tutto sommato una piccola quota; ma nelle intenzioni dei promotori la questione era ed è soprattutto etica. Ebbene per la terza volta ha vinto il no con uno schiacciante 68,2% dei votanti. La cosa interessante, ed era uno dei motivi addotti dai sostenitori del referendum, è che fra i 72 paesi destinatari di questo export si annoverano tra i maggiori acquirenti Iraq e Pakistan, ovvero due paesi fortemente instabili che fungono da incubatrici di quel fondamentalismo islamico che tanto spaventa a tal punto da far vietare la costruzione di nuovi minareti. Vero è che alla base del no al divieto di esportare armi vi sono probabilmente considerazioni di tutt'altro genere, relative per esempio all'alto costo che questa decisione avrebbe avuto per la Confederazione, sia in termini economici che occupazionali, o al fatto che l'industria bellica elvetica soccomberebbe se fosse destinata esclusivamente al mercato interno. Rimane tuttavia il paradossale messaggio dato dalla Svizzera sul modo in cui intende relazionarsi col mondo islamico: no ai luoghi di culto, sì a continuare ad esportare materiale bellico anche in paesi che a loro volta potrebbero esportare terrorismo. Percezione distorta?
Evidentemente ha contato di più quel che tocca una qualsiasi nazione nell'immediato: gli interessi economici, e la volontà di preservare il territorio dal proliferare di simboli altrui...per la serie “occhio non vede cuore non duole”...
Evidentemente ha contato di più quel che tocca una qualsiasi nazione nell'immediato: gli interessi economici, e la volontà di preservare il territorio dal proliferare di simboli altrui...per la serie “occhio non vede cuore non duole”...
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