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[...]Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza, perciò questa è anche più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili[...] (Epicuro, Lettera a Meneceo)

lunedì 8 marzo 2010

# Irresponsabile ...y brutal


Non avendo l'arroganza di pensare di aver qualcosa da aggiungere a tutto quanto si è detto in questo weekend a riguardo della bella pensata del decreto-salva liste (liste rigorosamente del Pdl), mi soffermo soltanto sulla natura del provvedimento che sana l'esclusione delle liste pdielline di Lazio e Lombardia: il decreto, uno strumento che mai andrebbe utilizzato per regolare la materia elettorale. Per un motivo molto semplice. Il decreto è subito efficace ma non è legge finché non viene convertito in parlamento; se ciò non succede, e se il decreto decade, decadono retroattivamente anche tutti gli effetti introdotti dal decreto, ovvero in questo caso le elezioni..

Il decreto salva-liste, firmato da Napolitano poiché "interpretativo", che cioè non innoverebbe la legge elettorale ma la interpreterebbe soltanto - il condizionale è d'obbligo - , oltre a essere possibile oggetto di ricorsi per vizi di merito (il primo ricorso è di ieri sera, da parte della Giunta regionale del Lazio ), rimarrà in bilico fino a quando il Parlamento non lo avrà convertito in legge, entro 60 giorni dalla sua pubblicazione sullla Gazzetta Ufficiale.

E' la Costituzione a dirlo all' art.77 comma 3:

"I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione".

Metti che il centro-destra (che gode di ampia maggioranza alla Camera e al Senato) non gradisca il risultato che uscirà dalle urne, per assurdo basterebbe che non si convertisse in legge il decreto nei tempi stabiliti e oplà.... le elezioni non sarebbero valide, verrebbero annullate e bisognerebbe ricominciare tutto da capo. Pazzesco, ma assolutamente possibile nella situazione che si è venuta a creare. Stessa cosa se il decreto decadesse a seguito di un ricorso... E allora l'attività politica di 13 regioni sarebbe paralizzata fino a nuove elezioni, il paese perderebbe altro tempo in nuove e sterili campagne elettorali, e si sarebbe sprecato tanto denaro pubblico per l'organizzazione del voto poi annullato. Senza contare il clima da guerra civile che si verrebbe a creare nel nostro paese a seguito di elezioni invalidate. Ecco, la forzatura operata con il decreto-interpretativo non è stata solo un gesto da governanti arroganti, ipocriti e sprezzanti delle regole, ma anche un'operazione da irresponsabili. Oddio, irresponsabili non proprio: secondo la legge (costituzione + art.15 legge 400/1988) i ministri che hanno espresso voto favorevole al decreto-legge rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti allo Stato, il cosiddetto "danno erariale". Sai le risate..



P.S Una stranezza da segnalare: nell'articolo del Corriere della sera online dal titolo "Uno scontro duro poi le scuse del premier " non si parla affatto del violento battibecco tra Berlusconi e Napolitano che si vocifera sia avvenuto giovedì sera al Quirinale. E al momento è difficile reperire informazioni in merito su altre testate italiane. Riporto quindi quanto a sua volta riportato dal quotidiano spagnolo "El Pais" , sul comportamento "brutale" tenuto da Berlusconi nei confronti del Presidente della Repubblica:

"Es impresionante la reconstrucción que hace hoy Il Corriere della Sera del encuentro, el jueves por la noche, entre Berlusconi y varios ministros con Napolitano en el palacio del Quirinal. La idea de Berlusconi era que el presidente firmara un decreto claramente inconstitucional de aplazamiento de las elecciones, pero éste se negó en redondo. Entonces, cuenta el diario, el primer ministro se comportó de manera "brutal" con el jefe del Estado, le recordó que él es el único líder votado por el pueblo, le dijo que su firma era solo un trámite, formal y de todos modos obligado. "Lo trató, en fin, como si fuera un secretario, un mero notario", escribe Il Corriere. Berlusconi subió la voz, hubo gritos, y Napolitano alzó también el tono para replicar que si le mandaban ese decreto lo rechazaría elevando un conflicto de competencia al Tribunal Constitucional. Berlusconi se fue poniendo cada vez más furioso, amenazando con sacar las masas a la calle, lanzando anatemas contra los formalismos y la burocracia.Tras una hora de bronca, el primer ministro abandonó el palacio y su ministro del Interior, Roberto Maroni, empezó a buscar una fórmula intermedia de compromiso: el decreto interpretativo. Solo ayer, cuando Napolitano hubo firmado el decreto, porque a su juicio no presentaba indicios de inconstitucionalidad, Berlusconi llamó a Napolitano para pedirle disculpas".
(Miguel Mora)

1 commento:

  1. Ale, so vieri sto lanciando una protesta civile ma sei vuoi anche geniale se vai sul mio blog ti spiego, e se mi aiuti a impestare la rete te ne sarei grato.

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